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«Il più grande furto della storia»: l’ONU sulla parità salariale

È il “più grande furto della storia”. Parola dell’Onu, che giudica così la differenza salariale di genere. Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite, “nel mondo le donne guadagnano in media il 23% in meno degli uomini”, senza distinzioni di aree, comparti, età o qualifiche. “Non esiste un solo paese, né un solo settore in cui le donne abbiano gli stessi stipendi degli uomini”, ha detto la consigliera economica del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), Anuradha Seth, come riporta l’Agi. Il divario salariale è dovuto all’accumulo di numerosi fattori che includono la sottovalutazione del lavoro delle donne, la mancata remunerazione del lavoro domestico, la minore partecipazioneal mercato del lavoro, il livello di qualifiche assunte e la discriminazione.

L’allarme lanciato da Anuradha Seth non è il primo di questo tenore sul tema della disuguaglianza salariale. Già l’8 marzo scorso, in occasione della Giornata internazionale della donna, un report di Oxfam aveva indicato proprio nel 23% dello stipendio la differenza nella retribuzione tra generi. E aveva avvertito: serviranno ancora 170 anni per colmare il gap retributivo a livello globale, 52 anni di più di un anno fa. L’allargamento della forbice a cui si è assistito negli ultimi anni incide sempre di più sulla vita di milioni di donne soprattutto nei Paesi poveri. Molti dei diritti acquisiti dalle donne infatti sono messi in discussione e le disparità sono in crescitala quota di lavoro non retribuito, soprattutto di cura delle persone, viene svolto da 2 a 10 volte in più dalle donne rispetto agli uomini.

La situazione in Italia – Il problema del lavoro domesticoriguarda anche l’Italia. Secondo il rapporto presentato a ottobre dall’Ocse sulle competenze dei lavoratori italiani, nonostante i piccoli progressi degli ultimi mesi, il nostro Paese resta al quartultimo posto tra i 35 Paesi sviluppati per percentuale di donne occupate. Il motivo? Sono percepite come “assistenti familiari“. “L’accesso limitato ad asili nido a prezzi accessibili” e a “posti di lavoro flessibili che potrebbero aiutarle a gestire lavoro e famiglia” e un sistema che “continua a favorire le madri – invece che i padri – a prendere il congedo familiare”, spiegano perché il tasso di occupazione non arriva nemmeno al 50%. A luglio ha toccato il 48,8%: un record storico per l’Italia, ma la media Ue è più alta di circa 17 punti.

(fonte)