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L’Italia che resiste: la lotta di Francesco contro il pizzo

PALERMO — Si sono organizzati come se dovessero assaltare il caveau di una banca. In sette, armati e incappucciati. Facendo irruzione al Bar Massaro, un famoso e popolare bar a due passi dal mercato Ballarò. Terrorizzando camerieri e turisti. Pronti a martellare una vetrata blindata e a zompare sulla cassa per arraffare appena cinquecento euro e venti stecche di sigarette. Un bottino da niente rispetto alla messa in scena dell’incursione. E cosi tutti pensano a un segnale dei boss che a Palermo tornano a pretendere il pizzo. Quello che ha deciso di non pagare il proprietario del bar, Francesco Massaro, Ciccio per gli amici, un quarantenne che ha dovuto cambiare improvvisamente lavoro. Fino a due anni fa stava in cronaca al Giornale di Sicilia, esperto di nera, schiena dritta, deciso a mollare il mestiere del padre, storico titolare di quei banconi dove si servono cannoli e arancine da primato.

Le rapine

«Non era la mia vita. Ma la vita viene a prenderti», commenta rivedendo il giro di boa al quale fu costretto quando una sera un infarto portò via il padre. E Ciccio dovette fare la scelta, «pensando anche ai 35 dipendenti che lavorano con noi». Ma, lasciando il giornale e tante cronache sul racket, una cosa giurò a se stesso: «Che non avrei mai pagato il pizzo». E per questo, subito dopo, cominciarono le rapine. Quasi una al mese. Con il giovane Massaro determinato, allora come oggi: «Potrei farmi un giro e chiedere. Quanto volete per non avere scassata la m…? Potrei domandarlo, ma non lo faccio. Qualcuno in buona fede me lo consiglia. Quello che facevano padri e nonni, che non erano mafiosi, ma soggiacevano, oggi non si può più fare, non si deve fare».

L’assalto dell’altra sera

Ed è così che, dopo una lunga pausa, si arriva all’assalto dell’altra sera: «Mi inquietano le modalità di questi novelli magnifici sette. Per attaccare il convoglio blindato di Butch Cassidy erano in quattro, compresi Robert Redford e Paul Newman. Sapevano che avrebbero racimolato poco perché i soldi vanno automaticamente in cassaforte». Ne parla mentre al telefono rassicura la moglie con la bimba di 16 mesi a casa, mentre nel bar rimbalza la solidarietà di Nello Musumeci, il governatore, e il sindaco Leoluca Orlando promette di costituirsi parte civile. Poi arrivano amici e colleghi, anche il presidente dell’Ordine dei giornalisti e il suo predecessore, Giulio Francese e Riccardo Arena.

«Non mi spezzo»

A 27 anni dall’omicidio di Libero Grassi, Palermo rischia un passo indietro, come sanno quanti si lamentano di non essere stati tutelati dopo le denunce, da Alessandro Marsicano con un bar nella vicina via Basile a Vincenzo Conticello, un tempo titolare dell’Antica Focacceria. Dopo i rilievi della Scientifica e i controlli della Squadra Mobile, Massaro è fiducioso, e si scrolla il ruolo di paladino: «Sono un palermitano normale. Non punto il dito contro chi paga il pizzo, so che è difficile resistere. Ma non riusciremo a fare crescere bene i nostri figli continuando a piegarci». Un velo di mestizia trapela infine da un quesito affidato a una cronaca a sua firma, sul Giornale di Sicilia: «Non mi spezzo, dicevo tra me e me mentre sparecchiavo i tavoli, facevo accomodare i clienti, grazie e prego. Non mi spezzo. Ma guardiamoci in faccia: sono davvero in grado, intimamente dico, di mantenere fede all’impegno? Di amare, onorare e rispettare il bar finché morte, mia o sua, non ci separi?». E questa sembra una richiesta di aiuto.

(fonte)