Vai al contenuto

Il giornalismo d’inchiesta nel Paese de’ servi

Ricapitoliamo. Il giornale Fanpage.it pubblica un’inchiesta sul ciclo dei rifiuti in Campania che coinvolge alcuni esponenti politici tra cui il candidato di Fratelli d’Italia Luciano Passariello e l’assessore al comune di Salerno Roberto De Luca, che non è omonimo di quel De Luca del Pd ma è proprio il figlio, che non è il figlio candidato alla Camera con il Pd ma è un altro figlio parcheggiato a fare l’assessore. E per fortuna De Luca non ha moltissimi figli, insomma.

La Procura apre un’inchiesta giudiziaria sull’inchiesta giornalistica. Anzi, a ben vedere la Procura “brucia” l’inchiesta giornalistica facendo uscire i nomi prima che Fanpage rendesse pubblico il proprio lavoro. Ma questo ci sta, per carità, se i magistrati hanno ritenuto necessario intervenire d’urgenza. Però c’è un però: la Procura non aveva idea di cosa stesse succedendo nel ciclo dei rifiuti in Campania ma è stata informata dal direttore d Fanpage, Francesco Piccinini, che ha deciso già da tempo di informare la Procura. È un dato importante: se sentite dire in giro che “i giornalisti hanno rovinato le indagini” sappiate che senza i giornalisti quelle indagini non esisterebbero nemmeno, per dire.

Poi la Procura decide di indagare anche Fanpage (il suo direttore e il giornalista Sacha Biazzo). “Atto dovuto”, dicono. E forse lo dicono perché un po’ si vergognano anche loro di indagare chi ha scoperchiato un illecito di cui non avevano minimamente idea. Fatto sta che il fatto che Fanpage sia indagato è elemento utilissimo per chi vuole sminuire il suo lavoro tant’è che Matteo Renzi (segretario del partito che ha inventato Vincenzo De Luca, che ha candidato un suo figlio in Parlamento e che appoggia l’altro figlio al comune di Salerno) dice, intervistato da Fanpage, che non può esprimere giudizi “perché anche voi siete indagati”. Se Renzi non dovesse parlare con gli indagati dovrebbe evitare approcci con più di qualcuno dei suoi candidati alle prossime politiche ma nessuno glielo fa notare. Se Renzi non dovesse parlare di indagini in corso dovremmo stralciare metà delle sue dichiarazioni negli ultimi mesi (dall’indagine Consip alle indagini sulle banche). Ma nessuno glielo fa notare.

Poi Vincenzo De Luca, governatore della Campania, dice che l’inchiesta di Fanpage «è un attacco della camorra». I sostenitori di De Luca prendono a sberle una giornalista. Tommaso Cerno (candidato PD) dice che Fanpage ha messo in piedi tutto per “colpire De Luca” (come se non sapesse che un’indagine giornalistica non si sa mai dove andrà a parare ma del resto Cerno è solo stato un direttore di giornale, che sarà mai). Dappertutto si legge che il problema è chi ha dato la notizia, mica la notizia. E intanto i media nazionali si dimenticano di raccontare i rapporti tra politica e criminalità.

Bene così. Buon lunedì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/02/19/il-giornalismo-dinchiesta-nel-paese-de-servi/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui.