Vai al contenuto

Una dirigente comunale e un prete: le “entrature” della mafia a Milano

Ci sono anche una dirigente del Comune di Milano (fino a febbraio 2017) e un sacerdote tra i destinatari delle prime 15 sentenze a ruota degli arresti nel maggio 2017, quando la Direzione distrettuale antimafia dei pm Ilda Boccassini e Paolo Storari ottenne dal gip Giulio Fanales anche l’amministrazione giudiziaria di 4 direzioni generali dei supermercati Lidl, e il commissariamento delle società del gruppo Securpolice che sorvegliava il Tribunale.

Giovanna Afrone, dopo gli arresti domiciliari dimessasi da responsabile del «Servizio gestione contratti trasversali con convezioni centrali committenza», è stata condannata in primo grado con rito abbreviato (e attenuanti prevalenti sulle aggravanti) dalla giudice Giusi Barbara a 3 anni per corruzione: cioè per aver promesso — in cambio delle prospettive del proprio passaggio al settore Bilancio della Provincia e del trasferimento di una cugina al settore informatico del Comune — una via privilegiata sugli appalti delle pulizie delle scuole sotto soglia di 40.000 euro di valore. La funzionaria, secondo l’inchiesta del pm Storari, era uno dei contatti procurati ad alcuni referenti del clan catanese Laudani da Domenico Palmieri, cioè dal sindacalista pensionato (dopo molti anni in Provincia) che, «grazie a questa lunga militanza nella pubblica amministrazione, aveva messo una serie di relazioni a disposizione dei fratelli Alessandro e Nicola Fazio, di Luigi Alecci, Emanuele Micelotta e Giacomo Politi», intermediazione retribuita mille euro al mese. Palmieri ieri ha patteggiato per associazione a delinquere e traffico di influenze 3 anni e 4 mesi, quasi quanto (3 anni e 3 mesi) l’altro ex sindacalista e dipendente della Regione accusato dello stesso tipo di «facilitazioni», Orazio Elia.

La dipendente comunale è stata condannata anche a risarcire con una provvisionale di 10 mila euro i danni di immagine al Comune di Milano parte civile, mentre 60 mila euro è stata la provvisionale accollata in solido ad Antonino Ferraro (che per altre vicende e reati, tra cui l’associazione a delinquere, è stato condannato a 5 anni e alla confisca di 181.000 euro), a Vincenzo Strazzulla (3 anni e 4 mesi) e a Alberto Monteverdi (3 anni). La pena più alta tra quelle emesse ieri è stata di 5 anni e 4 mesi per Antonio Saracino, mentre Antonino Catania ha avuto 4 anni come Giuseppe D’Alessandro, 2 anni Luigi Sorrenti, 1 anno e 4 mesi Ivan Zaccone (ex dirigente Lidl), 10 mesi Rosario Spoto. Salvatore Esposito ha patteggiato 1 anno e 10 mesi, F. G. 1 anno e 5 mesi. Anche un prete figura tra i condannati: don Giuseppe Moscati, più noto per le sue esibizioni canore di tema religioso, ha avuto un anno e 2 mesi per aver emesso, quale amministratore unico delle Edizioni musicali Il Millennio srl, 12.000 euro di fatture false per far evadere le tasse a una società riconducibile ad alcuni degli imputati. Tra i 13 rinviati a giudizio anche l’ex n.2 del Foggia Calcio, Massimo Curci, per una evasione di 31 milioni, e l’ex dirigente Lidl Simone Suriano.

(fonte)