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Non è “raptus”, non è “follia”, non è “gelosia”

Per fortuna Il Post rimette le parola al loro posto sulla tragedia di Cisterna di Latina:

Diversi giornali hanno raccontato il femminicidio di Cisterna Latina usando termini come “raptus” , “follia” o “gelosia” e dedicando ampio spazio al femminicida, Luigi Capasso sottolineando come fosse «legatissimo alle figlie» o intervistando conoscenti o colleghi che lo descrivono come «un uomo normale». Come sanno bene le donne e gli uomini che lavorano nei centri Antiviolenza – valorizzati da quella Convenzione di Istanbul che è stata ratificata dall’Italia ma di cui in Italia manca il sostanziale recepimento – il femminicidio è un fenomeno endemico.

Luisa Betti, giornalista che da anni si occupa di queste questioni, ha spiegato bene come il femminicidio pensato e organizzato da Capasso sia stata una «forma di rappresaglia contro chi voleva sottrarsi al suo potere, che non ha nulla a che vedere con la gelosia, né con la non accettazione della separazione per fragilità dello stesso, ma soltanto con la violenza che viene esercitata dall’uomo nel momento in cui si sente defraudato di questo suo potere, non più esercitabile nei confronti della donna che ha scelto e i figli che ha procreato: oggetti di sua proprietà esclusiva di cui può decidere la vita, la morte, e la punizione che più gli sembra adatta». E ancora:

«Antonietta non era una sprovveduta e non solo aveva cambiato la serratura di casa e inoltrato una richiesta di separazione giudiziale ma era seguita da un’avvocata, aveva fatto un esposto, chiamato in causa gli assistenti sociali per proteggere le figlie, rifiutato tutti gli incontri che l’ex le proponeva, perseguitandola, e questo a dimostrazione che era consapevole della sua pericolosità. Antonietta in realtà aveva chiesto aiuto e azionato molti campanelli d’allarme che non sono stati però sufficienti a fermare un uomo violento al quale nessuno aveva tolto la pistola d’ordinanza: un uomo che era stato ritenuto idoneo dall’Arma malgrado la situazione fosse ben nota ai suoi colleghi ai quali Antonietta si era rivolta più volte raccontando della violenza dell’ex marito, che con quella pistola ha ferito gravemente la ex moglie e ucciso due bambine».

Nella violenza contro le donne il momento post-denuncia è fondamentale, perché è anche il più pericoloso. Uno dei motivi per cui le donne faticano a chiedere aiuto e a denunciare è proprio il fatto che hanno paura di essere uccise da chi le ha maltrattate, se chiedono aiuto o denunciano. Lalla Palladino, presidente della Rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re (Donne in rete contro la violenza), ha spiegato che servono «efficaci misure di prevenzione da applicare immediatamente, nel momento stesso in cui una donna avvia una separazione legale da un uomo violento, o nel caso in cui il marito o ex compagno cominci a perseguitarla».

(l’articolo completo è qui)