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Si è servi per la natura di servire più che per i padroni

C’è rumore di ferraglia tra le retrovie del post elezioni che si apparecchia per tentare di apparecchiare un governo che riesca a stare in piedi: è lo sfrigolamento di notabili carcasse che dovrebbero essere i vip del pensiero della classe diligente del Paese che si illude di essere dirigente pensando che non si noti il cambio di consonante. Li riconosci in prima battuta perché si sono sperticati in tutto: lo furono sperticatamente nei confronti di Renzi, lo furono sperticatamente contro il Movimento 5 Stelle perculato con snobismo in ogni suo centimetro, e oggi sono gli stessi che praticano inversioni a u sentendosi Machiavelli.

Si parte da Eugenio Scalfari: prima era un convinto sostenitore di Renzi e del renzismo tanto da bullarsi delle colazioni passate insieme a favellar di banche e decreti legge poi, sentendo odore di Caporetto, si è affidato a Berlusconi come cavaliere salvatore, trattando Di Maio come un ragazzetto indegno anche del proprio moccolo e infine ieri ha beatamente dichiarato che «(Di Maio) ha dimostrato un’intelligenza politica notevole, perché di fatto il Movimento è diventato un partito. Lui addirittura ha steso la lista dei ministri e l’ha voluta portare al Quirinale». E ipotizzando l’appoggio del Pd ha immaginato non più due partiti distinti ma «diventa un unico partito, Di Maio il grande partito della sinistra moderna. Allora la faccenda cambia – ha beatamente dichiarato -, se lui diventa la sinistra italiana voterò per questo partito».

Poi c’è Sergio Marchionne (che chissà perché viene interpellato per ogni noce caduta come se fosse un illuminato) che scarica Renzi e prova timidamente ad avvicinarsi al M5s dicendo “abbiamo visto di peggio”.

E infine c’è Confindustria che per bocca del suo presidente dichiara di “prendere atto del voto” (cara grazia) e dichiara di “non avere paura di Di Maio e Salvini” (dopo mesi passati a bollarli come pericolosi sovvertitori) definendo addirittura il M5s “democratici”.

E poi, nel sottobosco, è tutto un riposizionarsi di corsa per farsi trovare pronti all’addomesticamento. Non stupisce la velocità con cui scendono dal carro del vincitore ma soprattutto la velocità con cui si sono messi a martellare quello nuovo per il padrone successivo.

Così, d’incanto, si sbriciolano (ancora, per l’ennesima volta) le credibilità incredibili di un’intellighenzia italiana flessibile e giravoltosa. Del resto si è servi più per natura che per la presenza di un padrone, da queste parti. Tanto alla fine un aforisma di Pasolini rimodellato per la situazione si trova sempre da qualche parte.

Buon mercoledì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/03/07/si-e-servi-per-la-natura-di-servire-piu-che-per-i-padroni/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.