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Lo sgombero dei Casamonica. Al di là del tifo

«Perché mai tutti sparlano di tutti? Credono tutti di rimetterci qualcosa se riconoscono il più piccolo merito a qualcuno».

Si potrebbe partire dalla massima di Johann Wolfgang Goethe per aprire una riflessione sullo sgombero che ha visto per la prima volta lo Stato (e il Comune di Roma e Regione Lazio) alzare la voce con la schiena dritta contro il clan dei Casamonica, facendoli sloggiare dalle loro ricche (e abusive) abitazioni ristabilendo la legalità e, soprattutto, forse è proprio l’aspetto più importante, dimostrando di essere più forte di qualche mafiosetto che pascolava impunito facendo da padrone in un intero quartiere.

Un segnale importante, comunque la si possa pensare, soprattutto perché lo sgombero dei Casamonica parte dal lontano 1997 (risalgono a quell’anno le prime contestazioni di abusivismo) e fino a oggi nessuno ha avuto il polso (o la voglia, o il potere, o la giusta squadra) per dare concretezza a un’ordinanza definitiva di demolizione. E chiunque mastichi di mafie e di criminalità sa bene quanto simbolicamente conti sfoggiare la propria impunità, con la propria bella villa in una zona che è area archeologica.

E forse la buona opposizione (meglio: la buona politica) potrebbe occuparsi più della vittoria di Roma e dello Stato piuttosto che fare spremersi con tutte le forze per dimostrare quanto sia merito di uno o dell’altro in una continua (e poco credibile) rincorsa al discredito altrui senza occuparsi di piuttosto di riaccreditarsi di fronte all’opinione pubblica. Perché è vero che Zingaretti fin da gennaio ha meritoriamente preso in mano la situazione con una delibera che ha acquisito l’immobile e l’ha destinato all’abbattimento ma il VII Municipio e il comune di Roma hanno messo energie e risorse perché tutto questo avvenisse. In Italia: la patria degli ordini di demolizione inevasi.

Forse chi ha avuto vita facile è stato il ministro Salvini che si è ritrovato con l’opera già quasi compiuta. Ma, con tutta la distanza che mi separa da Salvini, non stupisce che un ministro dell’Interno sia presente a un evento del genere. L’ha fatto con petulante protagonismo? Beh, è la sua natura.

L’avvenuto sgombero tra l’altro dimostra anche l’importanza del giornalismo investigativo (sì, quello degli sciacalli) che ancora una volta dimostra l’importanza del fare luce per spingere la politica ad agire: Federica Angeli, Floriana Bulfon, Lirio Abbate e altri colleghi hanno permesso all’opinione pubblica di conoscere lo strapotere del clan Casamonica, smutandando i prepotenti.

Ci sono decine di decisioni e di inazioni per cui l’amministrazione di Roma è criticabile (e da queste parti non le abbiamo mai risparmiate) ma giocare di sponda su un atto che a Roma si attendeva da decenni risulta piuttosto imbarazzante.

Come diceva il mentore di Mr Orange nel film Le Iene: «Le cose importanti da ricordare sono i dettagli, i dettagli rendono la storia credibile».

Bene lo sgombero, quindi. Al di là del tifo.

Buon mercoledì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2018/11/21/lo-sgombero-dei-casamonica-al-di-la-del-tifo/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.