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ArtAPartOfCulture su #Carnaio

(fonte articolo)

C’erano in programma nell’ultimo giorno “La trattativa Stato-Mafia con MarcoTravaglio e Marco Lillo o la Tavola rotonda sull’Africa con vari autori stranieri, Saggi su Israele con, fra gli altri, Pierluigi AllottiAlberto Cavaglion, Arturo Marzano e Alessandra Tarquini od anche Anatomia spassosa e crudele del mondo di internet dell’americano di San Francisco (patria di Facebook) Jarret Kobek, che la cosa la conosce fin dalle origini.

Ma le scelte, quando il menù è troppo ricco, possono portare anche alla sola presentazione di due romanzi molto forti e dalle tematiche molto attuali. Quello che ne viene fuori è però molto di più di un semplice convegno od una conferenza sull’argomento del giorno prima.

Giulio Cavalli, giornalista, scrittore, drammaturgo è stato sotto scorta per rivelazioni sulla mafia. Caustico quanto basta per dire quello che pensa sullo schifoso mondo che stiamo vivendo ha creato un romanzo, Carnaio (Ed. Fandango), in cui in assenza di risposte dallo Stato centrale, un paese diventa Stato ed il Sindaco-Presidente decide, secondo le linee di pensiero più squallide ed arriviste di far diventare un affare (business, business..) l’afflusso inaspettato ed abnorme di corpi morti arrivati dal mare sul suo territorio.

Si racconta come si può produrre energia per combustione di tutto quello che fa schifo e con cui non si vuol coabitare, che è poi la soluzione migliore in un processo di disumanizzazione, acquisita sempre più come normale.

Del resto – ha detto Cavalli – nello stesso linguaggio, consumato da tutti, esseri umani di serie b e cadaveri sono la stessa cosa. E la domanda è sempre la stessa: come li possiamo usare? Anche chi si oppone (un certo Giovanni Ventimiglia) non ha un linguaggio diverso, nuovo, per contrapporsi al verbo feroce che si instilla e si installa dappertutto e cederà pian piano come sta succedendo a tutti coloro che ancora hanno radici buone e pensiero. In Carnaio le persone riescono a lasciare tutto fuori, come ormai in un Italia incattivita riusciamo a lasciare tutto fuori dal nostro quartiere, dal nostro condominio, dalla nostra porta.

Ha narrato Cavalli che una sera a Pozzallo riuscì a parlare con un pescatore che gli parlò di un corpo che aveva ritrovato ormai lessato dalla lunga permanenza in mare. E quella parola lesso (termine culinario in voga) lo aveva così colpito per l’impermeabilità che abbiamo ormai acquisito rispetto ai fatti più feroci.  “Mors tua vita mea”. Cavalli ha ricordato anche che il libro è stato scritto un anno e mezzo fa quando il mondo distopico che descriveva non era ancora diventato reale. Quando ancora la parola sovranismo non si era identificata con egoismo.

Alle domante fioccanti di Annalisa Camilli sul suo impegno socio-politico ha risposto che ancora la letteratura più che gli editoriali o le trasmissioni TV può aiutare a capire meglio, perché frutto di lunghi studi sull’argomento trattato.

Quello a cui è più interessato è la disumanizzazione crescente di un Paese dove tutti hanno cominciato a perdonarsi tantissimo senza però perdonare agli altri, che vedono di serie b, per cui a breve toccherà anche ai più deboli, ai più fragili, agli sconfitti subire i più forti, che ne faranno uso ed abuso.

Tutto può rientrare in un disegno più grande di sfruttamento delle risorse umane, anche dei loro corpi, nella rivendicazione superiore del diritto di usare la forza da parte dei più potenti (Parigi docet).

Un romanzo che man mano diventa più truce più violento – ha detto la Camilli – senza più speranza? E la criminalità organizzata di cui l’autore ha sempre parlato? Essendo un potere forte, aspetta solo che aumenti la fragilità dei cittadini, per avere più manodopera, pagata sempre di meno, con un impoverimento sempre più avanzato di beni materiali ed idee – ha concluso Giulio Cavalli – .