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Il mite intransigente

Ha parlato di «buoni sentimenti» e di «valori positivi», ha spiegato che vivere in una comunità significa «condividere valori, prospettive, diritti e doveri» e immaginarsi in un «destino comune». Ha riesumato anche il rispetto, quello che va così terribilmente poco di moda, spiegando che il «rispetto gli uni degli altri» significa difendere le proprie idee ma riuscendo a «rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore».

Ha augurato un buon anno agli italiani e ai 5 milioni di immigrati «che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese». Ha ribadito, riferendosi alla recente manovra finanziaria, che «vanno evitate tasse sulla bontà». Anzi, a proposito di bontà: «Non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società».

Il presidente della Repubblica ha randellato il governo praticamente su tutto, dall’impianto culturale xenofobo fino alla recente finanziaria approvata a colpi di fiducia («mi auguro vivamente che il Parlamento, il governo, i gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto; e assicurino per il futuro condizioni adeguate di esame e di confronto», ha detto) passando per le forze dell’ordine e la carnevalesca abitudine del ministro dell’inferno di indossarne le divise («La loro divisa, come quella di tutte le Forze dell’ordine e quella dei Vigili del fuoco, è il simbolo di istituzioni al servizio della comunità. Si tratta di un patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini») e concludendo con un ringraziamento al Centro di cura per l’autismo di Verona, quello stesso autismo che Beppe Grillo aveva usato per fare ridere riuscendo (come ultimamente spesso gli riesce) a non fare ridere nessuno.

Ha disegnato un’Italia così profondamente diversa da quella che ci consegnano i social bavosi di alcuni uomini di governo: un’Italia intenta a ricucire piuttosto che strappare, un Paese “coerente e lungimirante” e laborioso. Ha anche parlato di sicurezza, Mattarella, sì: «Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena. Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune. La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente», e poi, «la vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza. Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro».

In questo tempo basta un vecchio democristiano (sia detto con affetto) capace di  essere mite ma intransigente sui valori per darci il senso della bassezza di quelli che governano.

E sapete cosa hanno risposto, loro? Il presidente della Camera Fico si è detto d’accordo con il Presidente, il ministro Salvini ha detto di avere apprezzato il passaggio sul bisogno di sicurezza (lo so, sembra una barzelletta, ma ha detto proprio così) e Di Maio ci ha tenuto a dirci che non lasceranno nessuno indietro.

E fu così che finanche i democristiani apparirono rivoluzionari.

Buon mercoledì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/01/02/il-mite-intransigente/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.