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«La perdita di umanità in Carnaio come in 1984»: InchiostrOnline recensisce Carnaio

Di Titti Pentangelo, fonte

«In Carnaio c’è la stessa perdita di umanità di 1984». Così Giulio Cavalli, attore teatrale, giornalista e scrittore, evidenzia il filo comune che unisce i due testi letterari. Da un lato il distopico per eccellenza, 1984 di George Orwell che proprio quest’anno compie 70 anni dalla pubblicazione, e dall’altro il suo ultimo libro edito Fandango, Carnaio.

Entrambi testi in cui il futuro viene descritto a tinte fosche. 

Complice un’umanità che preferisce barattare la propria libertà di pensiero con l’illusione della sicurezza. A fare da sfondo l’odio verso il diverso o lo straniero, percepito come il nemico da combattere. Ed è proprio la guerra verso il mondo esterno che garantisce l’equilibrio e assicura quell’isolamento necessario a far sì che i cittadini non si pongano domande né cerchino alternative. 

Dopo le suggestioni del Grande Fratello e del Bispensiero, in Carnaio la finzione letteraria si lega al dramma dell’immigrazione e dei morti nel Mediterraneo. Una critica neanche troppo velata, al modus operandi del nostro attuale governo, che Cavalli ha definito più volte “in ostaggio di un Trump rivisto in salsa padana”. E che nel testo ritorna più volte, evocato dalle sue espressioni tipiche come “sovranismo”, “reddito di cittadinanza”, “invasione” e “ruspe”.

La storia di Carnaio è ambientata a DF, una cittadina costiera italiana in cui iniziano a verificarsi degli strani ritrovamenti di cadaveri. Sono tutti maschi di colore con la stessa altezza, lo stesso peso e identica corporatura. Uguali fra loro, ma diversi dagli abitanti della città. «Non uno dei nostri», ripetono in coro i cittadini. 

Tranne qualche giornalista, nessuno si preoccupa di indagare le cause del fenomeno – che raggiunge cifre esorbitanti come 24.712 morti con una sola ondata – ma sono tutti presi dalla gestione di cumuli di cadaveri. Da Roma non arriva nessun aiuto, troppe pratiche burocratiche da seguire, troppi accertamenti da fare. Così i cittadini di DF decidono di cavarsela da soli. Con un referendum si costituiscono Stato a sé e affrontano l’emergenza ammassando i corpi in un capannone della zona industriale. Il mondo parla di disumanità e ferocia, ma gli abitanti del nuovo stato liquidano i commenti negativi etichettandoli come “inutili moralismi” e “facili buonismi. È solo il primo passo di una lunga discesa agli inferi che li porterà ad approfittare della situazione in ogni modo. Useranno i cadaveri per nutrirsi e vestirsi. Ne ricaveranno persino energia da vendere all’estero. E, tranne due sovversivi, nessuno avrà niente da ribattere. Nel regno del consenso non serve a nulla chiedersi cosa sia giusto e cosa no. E la cultura è solo un inutile fardello, di cui si può facilmente fare a meno. 

Durante la lettura si fa fatica ad andare avanti. Troppo crudo, a tratti disturbante. Eppure, anche il testo di Orwell 70 anni fa sembrava eccessivamente inquietante. Ora, invece, molto di quanto aveva profetizzato fa parte della nostra realtà quotidiana. Che avvenga lo stesso con Carnaio?

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