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Staffetta umanitaria su Carnaio

Il progetto Staffetta umanitaria nasce dalla sensibilità di due ragazze, Francesca e Oriana, che da due città diverse (Cagliari e Napoli) si sono confrontate e trovate d’accordo sulla necessità di creare divulgazione e informazione su due tematiche attuali quali le migrazioni e il razzismo. Ne è nato un sito (ma anche iniziative collegate su tutti i social) che tra le iniziativa che a preso ha inserito anche la lettura di Carnaio. E loro non sanno quanto io gli sia grati. E ovviamente la loro recensione è bellissima:

[di Titti Petangelo, su Instagram: @spunti_di_lettura]
Ventiquattromilasettecentododici corpi. Provate a visualizzarli. Non tutti sono interi, molti sono divisi in pezzi. 
Fa un certo effetto, vero? Sì, stiamo parlando di carne umana, di un’onda di cadaveri che sommerge una città. In Carnaio, il romanzo distopico di Giulio Cavalli, DF è il nome di questa cittadina della costa italiana, un posto come tanti dove non succede mai niente e tutti si conoscono. 
Finché non iniziano ad arrivare migliaia e migliaia di morti. Tutti maschi della stessa età, lo stesso colore della pelle, stessa altezza, lo stesso peso e identica corporatura. Non si sa da dove vengono né cosa sia loro successo. 
Ma poco importa, i cittadini di DF hanno ben altro a cui pensare. Bisogna far fronte all’emergenza e liberarsi al più presto del tanfo di morte che compromette l’immagine di quella che fino ad ora è sempre stata una deliziosa località costiera

Foto di Titti Petangelo

Quando si parla di esseri umani i numeri andrebbero scritti per esteso. E Giulio Cavalli, giornalista e attore teatrale, lo sa bene. 
Soltanto in questo modo ci si sofferma veramente. Troppo spesso ci capita di leggere di cumuli di morti, dimenticandoci che si tratta di tante vite spezzate e non di vili statistiche. 
Perché DF in fondo non è così diversa da uno dei tanti paesini che si affacciano sul mar Mediterraneo, uno di quei borghi tranquilli che negli ultimi 20 anni si è ritrovato a dover fronteggiare il fenomeno dei migranti. In questo senso Carnaio è un testo visionario che decide di raccontare questa realtà, portandola alle estreme conseguenze. Non c’è spazio per una soluzione civile, ma soltanto per l’orrore
In un paese dove l’umanità è stata sacrificata sull’altare del consenso e del benessere economico, vincono i facili slogan e muore la libertà di pensiero.

Se non si inverte la rotta ci aspetta il baratro 

In Carnaio non esiste nessuna via d’uscita speranzosa. Ed è chiaro fin da subito. Questo testo vuol far riflettere e lo fa in maniera brusca, costringendoci ad aprire gli occhi e a fissare ogni passaggio, anche quello più macabro. A questo serve l’insistenza sulla carne umana a cui si rifà il titolo. 
Piatto di carne cruda“, “rumore di salme grattugiate“, “carpaccio di carne“. Queste alcune delle espressioni che ci fanno rabbrividire e che, si spera, ci facciano sempre lo stesso effetto. A dispetto di politici che affrontano il problema soltanto per il proprio tornaconto elettorale, come l’autore sottolinea più volte nel testo. 
I personaggi di Carnaio sono meschiniegoistiindifferenti a tutto ciò che non riguardi la loro stessa sopravvivenza. E spesso ricordano personaggi a noi noti, come Piermario Tondini, che è sia il proprietario dell’emittente locale che della squadra di calcio; oppure come il sindaco Ruffini, che diventa una specie di “capitano coraggioso“, idolatrato da tutto il paese. Tanti altri, invece, potrebbero tranquillamente essere noi: il pescatore disilluso che aspetta passivamente che la vita faccia il suo corso; la vanitosa Lilly che approfitta di ogni situazione per trarne vantaggio e mettersi in mostra; il giornalista locale che, appena fiuta un dramma, ci si lancia contro voracemente. È facile riconoscere gli errori della Storia, meno semplice è invece osservare la realtà con occhio critico, evitando di dividere il mondo tra “questi” e “quelli“. 
Nessun rimedio miracoloso o pillola magica, la scelta spetta a noi.

Titti Petangelo