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Abituarsi all’orrore

Che la Sea Watch galleggi con 40 disperati ormai è una notizia che si perde tra le piccole notizie di cronaca nelle colonne laterali lì dove ci stanno i gattini e le donne seminude. È una notizia che è scivolata tra le notizie poco importanti, quelle quasi inutili, che non hanno nulla da dire e che non hanno nessun effetto sulle persone ormai a abituate a qualche disperato preso come feticcio da sventolare per un pugno di voti.

Pensateci bene. Qualche mese fa ci sarebbe stata la rivoluzione per una nave lasciata in mezzo al mare, sul limite delle acque territoriali. Avremmo avuto gente in piazza, indignazione un po’ dappertutto, urla in ogni via, persone disperate, voci alzate con sdegno. E invece oggi niente. Niente.

Le persone per sopravvivere ai loro piccoli dolori cercano di abituarsi a tutto. La chiamano resilienza ma in fondo è un’abitudine che salva per non soffrire troppo. Ci siamo abituati a disperati spersi in mezzo al mare perché ne abbiamo visti decine e oggi ci sembra che sia tutto normale, tutto nelle cose che devono succedere, tutto nelle possibilità che avvengono.

Ci abituiamo alle peggio cose. Facciamo di tutto per fingere che vada tutto bene. Riusciamo a rendere normali le cose già mostruose. Ci indignavamo fino a qualche settimana fa per le stesse cose che oggi accadono quotidianamente.

Così una quarantina di persone galleggiano nel Mediterraneo e noi diamo per scontato che sia una cosa normale, come se la bestialità del ministro dell’inferno Salvini possa produrre veramente l’abitudine alla ferocia, alla disumanizzazione e alla guerra contro gli ultimi.

Ed è una cosa da mettersi le mani nei capelli.

Buon mercoledì.

L’articolo Abituarsi all’orrore proviene da Left.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/06/26/abituarsi-allorrore/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.