Vai al contenuto

Il dovere all’empatia

Se dovessi scegliere un punto del prossimo contratto di governo, qualsiasi governo, con qualsiasi traballante e improbabile alleanza, tipo se qualcuno mi suonasse al citofono e mi dicesse «buongiorno mi può proporre un punto per il contratto con gli italiani?» e io «certo, volentieri, venga pure, le offro un bicchiere d’acqua fresca», ecco, se succedesse una cosa così, certo che non succede ma se succedesse, chiederei di inserire, nel contratto da presentare tutti mielosi da Bruno Vespa con il profumo di dopobarba che scivola fuori dai teleschermi degli italiani imbambolati davanti a Porta a Porta, un nuovo dovere: il dovere all’empatia.

Il dovere costituzionale di essere capaci e di essere volenterosi di mettersi nei panni degli altri, qualsiasi panno sia chiaro, che siano stracci oppure quei bei completi giacca e cravatta che non cascano nemmeno di un millimetro sulle spalle, oppure quelli di chi ha sempre addosso il grembiule che profuma di tutto il cibo cucinato per tutti i figli e per tutti i nipoti. Provare a liberarsi dalla tossicità di questi ultimi mesi con la capacità di indossare le scarpe degli altri, di riuscire a tenere nel palato i dolori e le speranze di chi vive una vita lontana da noi con la capacità e l’intelligenza di non cadere nella tentazione di credere che la nostra vita, il nostro paradigma, i nostri pensieri, il nostro ordinario, il ritmo cardiaco della nostra giornata, siano le uniche chiavi possibile per leggere il mondo.

Capire che ognuno vive un contesto che è un fardello, ce lo trasciniamo addosso come un sacco di iuta pieno di barattoli, quelli che fanno rumore attaccati ai paraurti posteriori delle coppie che si sposano, e siamo sempre convinti, sicuri, con una sicumera insopportabile oltre che stupida, che il nostro sia l’unico modo di intendere il mondo. Ci hanno convinto che il nostro buonsenso sia l’unico buonsenso possibile senza sapere e senza insegnarci che il variopinto ventaglio di sensi è il valore di una società eterogenea capace di annusare le diversità degli altri e di trasformarsi in acquolina in bocca per crescere e viaggiare negli incontri che facciamo.

Provate a pensarci: se di colpo diventasse obbligatoria l’empatia, come l’educazione fisica o la matematica a scuola, sarebbero fuori gioco tutti quelli che usano la miopia come clava per bastonare i deboli. Perché anche noi saremmo deboli. Capaci di essere deboli. Con tutti i vocabolari che servono per leggere le difficoltà e le disperazioni.

Buon giovedì.

L’articolo Il dovere all’empatia proviene da Left.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/08/22/il-dovere-allempatia/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.