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Figli che chiedono “come stai?”

I bambini resistono con una perseveranza che sarebbe da imparare.

Pensateci un secondo. Hanno dovuto inventarsi un modo tutto nuovo per andare a scuola (grazie anche l’encomiabile lavoro degli insegnanti, altri bistrattati che si sono riabilitati solo grazie alla pandemia, ricordiamocene). Fanno l’appello con duecento problemi tecnici, di microfoni, di telecamere, rispondendo uno sopra l’altro. Fanno l’appello senza nemmeno potersi scambiare i sorrisi da banco a banco, senza correre e raccontarsi delle ultime novità sul loro gioco, senza guardare negli occhi l’amico del cuore, senza gustarsi quel momento in cui salutano noi genitori e se ne vanno fieri in un spazio che è tutto loro, che è solo loro. Ora quello spazio è un angolo del tavolo della cucina.

Non hanno il dopo i compiti esco. Non hanno pomeriggi da organizzare, non hanno l’aria che gli pesta in faccia e i vestiti da sporcare immancabilmente. Ora hanno pomeriggi che rimbalzano tra le mura di casa e provano a fare gruppo provando a trasformare l’entusiasmo in bit, da scambiarsi al telefono. Qualcuno dirà che è così anche per gli adulti ma i bambini, a differenza degli adulti, non si fanno convincere dalle motivazione dei drastici cambiamenti: provano a digerirli, elaborandoli con gli strumenti a disposizione.

Si annoiano da professionisti. Mentre gli adulti strepitano sui social e cercano sempre un nemico planetario loro si annoiano con compostezza. Certo, si lamentano, ma con lamenti estremamente più eleganti, sicuramente meno virali e perfino meno pericolosi.

Hanno perso i nonni. Qualcuno li ha persi per sempre per altri sono nonni dentro una bolla che non sanno quando scoppierà e non sanno dove se li porterà il vento. Eppure mentre i nonni si commuovono su un balcone o dietro un vetro loro rispondono con un sorriso e un ciao ciao. Ma ce l’hanno dentro anche loro questa esplosione di malinconia, forse credono che non sia il caso, forse sono più maturi di noi quando si tratta di non ferire se si mettono in testa di farlo.

Gli è cambiato il mondo e il mondo non hanno ancora finito di impararlo nemmeno a grandi linee. I bambini resistono con una perseveranza che sarebbe da imparare. Ieri uno dei miei figli, dopo una giornata trascinata a fatica, prima di spegnere la luce mi ha detto buonanotte e poi mi ha chiesto come stavo. Lui, a me. Fino alla fine.

Buon venerdì?

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.