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Il punto in cui siamo

Una storia dalla Lombardia, la regione che spinge per tornare alla normalità ma dove i tamponi non si fanno

Lorenza a fine marzo comincia ad avere qualche sintomo. Pensa che forse è stanca per il troppo lavoro, non ci fa caso. Il primo giorno di aprile si rende conto che c’è qualcosa che non va: i sintomi sono quelli del Covid-19 e chiama il suo medico per un consulto, chiede un tampone. Il suo medico gli risponde testualmente: «Non sei un politico, non sei un calciatore e vivi in Lombardia». Niente tampone. Il giorno dopo riesce a mettersi in contatto con il 118, i sanitari fanno una diagnosi telefonica e le dicono che ha tutti i requisiti per essere ricoverata. Lorenza era terrorizzata, erano i tempi in cui gli ospedali lombardi esplodevano e con lei vive la figlia. Si è curata con cortisone e Lexotan per riuscire a dormire. Ora non prende più niente ma ha ancora febbre. Decide di aspettare.

Ieri ha scritto la sua testimonianza: «Oggi telefono per l’ennesima volta all’Ats per chiedere quanto tempo ancora dovrò aspettare per poter avere un tampone, visto che ormai è 1 mese che sono a casa con i sintomi da covid – ma senza una cura specifica – e che il mio medico ha inoltrato la richiesta per farmi fare il tampone esattamente 1 settimana fa….
Ebbene, trovo un’operatrice gentile e disponibile e ottengo queste 3 interessanti, strabilianti, sconcertanti risposte:
1) i tempi per l’esecuzione del tampone, dal momento in cui il medico di base ne fa richiesta, sono mediamente di ALMENO 2 settimane (2 settimane! dopo aver aspettato già 1 mese per poter fare la richiesta!);
2) in caso di esito positivo del tampone, NON è attualmente previsto che il tampone venga somministrato ai familiari conviventi (quando si sta dicendo da tempo che i nuovi focolai sono gli ambienti domestici, com’è d’altra parte facilmente intuibile…)
3) sono stati, pare, finalmente autorizzati i test sierologici, sempre su richiesta del medico di base, ma questi possono essere richiesti solo per due specifiche categorie: a) per persone entrate in contatto con pazienti positivi accertati (ma i sintomatici non vengono testati! Ritorna al punto 1 e sarai più fortunato…); b) per pazienti con sintomi sospetti (quindi, teoricamente, io ne avrei diritto. Ma chi vive con me o è entrato in contatto con me, fin quando io non sarò accertata come positiva, non potrà fare nemmeno il test sierologico).
Ora, io non ho veramente parole (e nemmeno fiato a dire il vero, date le mie condizioni) per aggiungere altro… lascio a giornalisti, politici e scienziati la richiesta di verificare, approfondire e denunciare».

Tutto questo nella regione che spinge per uscire e per tornare alla normalità. E intanto non si fanno i tamponi. Ecco il punto in cui siamo.

Buon giovedì.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.