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Convenzionali recensisce Disperanza

di Gabriele Ottaviani

Abbiamo paura di restare soli in un presente che non si riesce a scantonare come abbiamo paura degli specchi. Il virus ci ha preso per il colletto e ci ha costretto a sederci in silenzio a guardarci, da capo a piedi, con l’obbligo di fare i conti con se stessi, vivere il qui e ora senza affidarsi a un passato già masticato o a un futuro incerto. Un esame di coscienza obbligatorio che ha scoperchiato disperanza latente e ne ha amplificato l’odore. Non si è soli, eravamo degli sconosciuti.

Disperanza, Giulio Cavalli, Fandango. La nostra società è sempre più cattiva, rabbiosa, invidiosa, violenta, misera: e soprattutto è l’incarnazione della dittatura dell’ostentazione. E invece abbiamo il sacrosanto diritto alla tristezza. Il problema è che dovremmo poterci concedere anche la speranza, che invece pare sempre più un lusso. Quando e come l’abbiamo perduta, e siamo diventati quel che siamo? Cavalli, scrittore poliedrico e validissimo, intellettuale profondo e impegnato, pensatore fine, ancora una volta ci stimola, con una prosa politica nell’accezione più elevata del termine, a riflettere e a progettare un modo migliore, guardando in faccia la realtà e le sue storture.

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