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Perché dovremmo leggere Nuovissimo Testamento, l’ultimo libro di Giulio Cavalli (da Marie Claire)

Una mattina Fausto Albini disegna un cerchio nella sabbia, viene assalito da una sensazione, si sente male e viene ricoverato nel reparto disturbi affettivi. Perché a DF (luogo dove era ambientato anche il libro Carnaio) non è prevista un’emotività incontrollata (più che altro un’emotività): tutto è deciso, stabilito – i colori (dai vestiti ai mobili), il cibo, il lavoro da fare, persino mogli e mariti vengono assegnati (e cambiati dopo un tot) -, non esistono idee, aspirazioni, paure, e nessuno si fa domande. E questo perché il l governo è riuscito a ottenere (il come è meglio non svelarlo ) un ottundimento delle emozioni, specie dell’empatia, il cui calmieramento è fondamentale per il mantenimento del potere. Solo che pian piano quelli che sentono qualcosa (come Fausto e i suoi compagni di stanza) sono sempre di più, al mercato nero si smerciano libri, cibo, musica, e nascono le Brigate sentimentali, che vogliono far aprire gli occhi agli abitanti e liberare le emozioni. Questa in breve – c’è assai di più – la trama di Nuovissimo Testamento, l’ultimo romanzo di Giulio Cavalli (attore, scrittore e giornalista), che sembra una specie di grandangolo da cui guardare noi e il mondo.

A DF tutto è stabilito, deciso. Non ci sono desideri, aspirazioni, dubbi, domande… Che cos’è, un incubo, una distopia, un rischio su cui vigilare? 
Un rischio su cui dobbiamo vigilare non solo a livello politico ma penso anche personale. Io sono innamorato delle fragilità, ne scrivo sempre, e la vera resa di fronte alle fragilità consiste nell’abbassare, nell’annacquare, nel diluire tutto: ambizioni, sentimenti, dolori, sogni per viverli. 

Stiamo diluendo tutto?
Siamo in un’epoca in cui ci dicono che essere mansueti di fronte agli accadimenti della nostra vita sia un pregio. Io invece lo trovo un enorme difetto.

A DF sono riusciti a creare un ottundimento generale delle emozioni, specie dell’empatia. Che cos’ha di così pericoloso?
La tentazione di non sentirsi felici finché anche tutti gli altri non sono felici. Dignitosi finché tutti gli altri non sono dignitosi. C’è il rischio che un gruppo di persone smetta di essere penisole e decida di diventare comunità, cosa pericolosa per il potere.

Perché?
Perché sono molto più difficili da controllare, costringono a un dibattito e costringono soprattutto a illustrare le proprie ragioni.

E noi, siamo liberi come pensiamo o siamo stati anche noi resi più ottusi?
Be’, sicuramente c’è una narcotizzazione di massa e sicuramente il ruolo delle arti tutte, io ti posso parlare della letteratura, dovrebbe essere proprio quello di fare vedere ciò che non vedevamo. Darci occhi nuovi. Il ruolo dell’artista, qualunque sia la sua arte, dovrebbe essere disvelare. Invece spesso ci si limita a raccontare in modo elegante ciò che conosciamo. 

A DF sono vietati i libri, la musica… L’arte, la cultura, la bellezza sono davvero rivoluzionarie?
Sì, educarsi alla bellezza, nel senso più filosofico e ampio del termine, ci donerebbe papille gustative che troverebbero insopportabili alcuni scenari che adesso troviamo addirittura edibili. 

Per esempio?
Il pensare di dover smussare, limare continuamente le proprie ambizioni affettive, sociali, lavorative. È una cosa insopportabile, una catena di montaggio che dà sogni prêt-à-porter. E, se non ti stanno bene addosso, sei tu che non hai la taglia giusta. 

A Df impera il «fare fare fare, senza pensare». Non è quello che sta un po’ succedendo anche a noi?
Be’ certo. A me è capitato di parlare, di sentire persone che iniziano la giornata correndo per andare a fare un lavoro in cui spesso non si riconoscono, che hanno degli spostamenti che non riescono a vivere, come fossero dei non tempi, e poi la sera tornano a casa troppo stanchi per potersi dedicare ad altro. È un po’ questo il fare, fare senza pensare. In più siamo in una società che è diventata molto quantitativa un po’ per la precarizzazione in generale non solo del mondo del lavoro, ma sentimentale, sociale, e quindi per riuscire a raggiungere gli obiettivi, anche economici che ci permettano di sopravvivere c’è questo ingolfamento enorme. 

Da che parte potremmo iniziare per cambiare un po’ le cose?
Be’ se tu educhi le persone al bello poi inevitabilmente le persone sono disposte anche a gratificare il bello. Diciamo che questo sarebbe già un primo passo. E poi recuperando il diritto del qui e ora. Viviamo vite che sono spesso trasferimenti, momenti di passaggio tra andare a fare qualcosa e tornare dall’aver fatto qualcosa. Rivendicare il qui e ora vuol dire volere una vita in cui io sono consapevole in qualsiasi istante di quello che sto facendo e me lo vivo. Se ci pensi molto spesso ci viene proposto di fare, lavorare in attesa di… e il qui e ora si perde completamente. Io ho questo difetto, sono sempre in attesa di qualcosa. Ho la sensazione di essere un pendolare che da 43 anni è in viaggio per arrivare, ma mi sono dimenticato di dove stavo andando. Sento di aver bisogno di un approdo ma non so esattamente che approdo sia.

Le Brigate Sentimentali compiono azioni di risveglio emotivo ma non tutto va come sperato. Anche alla libertà bisogna essere educati?
È un ideale e come tutti gli ideali se lo prendi dal verso sbagliato finisci per rimanerne ferito. L’educazione alla libertà per me sta appunto nel riuscire a usarla con empatia. Non è un condono alle proprie azioni, è la capacità di nuotare in tutto lo spazio che abbiamo e non infliggere nulla agli altri. 

Ci dobbiamo anche noi riallenare a sentire?
Al sentimento. La chiamano la meraviglia dei bambini invece è un sentimento che si inaridisce negli anni. Parlo della capacità e e dell’intelligenza viva di stupirsi di ciò che ci accade. È un muscolo che andrebbe allenato tutte le mattine. 

Come mai ha scelto questo titolo?
Un po’ perché mi piace molto provocare, un po’ perché credo che la rinascita di un mondo nuovo partirebbe proprio da lì. Dalla presa di coscienza e dalla consapevolezza di quello che non andava nel vecchio. Che è quello che accade qui.

cover nuovissimo testamento

(fonte)

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