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La sinistra ha scaricato Mimmo Lucano dopo averlo usato per propaganda e feticcio

Che il processo a Mimmo Lucano sia un processo con un’importante componente politica lo si può leggere tranquillamente tra le parole della requisitoria con cui la Procura di Locri ha chiesto 7 anni e 11 mesi di carcere per l’ex sindaco di Riace che si aggiungono ai 4 anni e 4 mesi chiesti per la sua compagna: se i pm si sono premurato di ribadire che non hanno subito condizionamenti dalla politica significa che sono ben consapevoli di inserirsi nella disputa tra chi vede l’accoglienza (qualsiasi modello di accoglienza) come una perdita di tempo e di risorse che non ci possiamo permettere e chi invece crede che l’integrazione (qualsiasi modello di integrazione) come una possibile soluzione degli inevitabili (e storici) flussi migratori.

Forse si continua a fare troppo poco caso alla leggerezza con cui il procuratore Luigi D’Alessio (che insieme a Michele Permunian sostiene l’accusa per la Procura di Locri) ha dichiarato in Aula che «nel corso di questi anni si sono succeduti ben quattro governi» e di avere «personalmente anche incontrato i massimi rappresentanti di questi governi, da Renzi a Salvini» senza mai ricevere «alcuna pressione sulle indagini». Al di là della gravità di un magistrato che ritiene “pressione politica” solo un presidente o un ministro dell’Interno che gli diano consigli giudiziari senza rendersi conto delle molte altre sfumature stupisce che ai procuratori di Locri sfugga la loro stessa tesi d’accusa che fondamentalmente si basa proprio sul movente politico-elettorale come impianto contro Lucano.

Innanzitutto un punto che sfugge a molti cronisti, politici, editorialisti e commentatori: nel processo che si sta svolgendo non c’è mai stata traccia di nessun arricchimento personale dell’ex sindaco. Non ci sono soldi, non c’è un solo centesimo che avrebbe potuto spingere l’ex sindaco a compiere i presunti reati di cui è accusato. Quando leggete qualcuno che cita Riace come “business” dei migranti invitatelo a leggere le carte di questo processo, ad ascoltare la risposta degli investigatori al giudice che gli chiese se esistevano indizi contro il sindaco per uno specifico fine di avvantaggiare sé stesso: «se parliamo da un punto di vista economico, no»· Secondo la tesi dell’accusa Lucano avrebbe fatto quello che ha fatto per candidarsi alle elezioni politiche del 2018 e alle elezioni europee. Peccato che questo non sia accaduto e quindi il processo (a meno che sia alle intenzioni) potrebbe già chiudersi qui.

È vero però che certa politica di certa sinistra ha evidentemente scaricato Lucano da un po’, avendolo presumibilmente usato per propaganda e per feticcio da candidare piuttosto che esempio di modello di accoglienza. Volendo pensare male si potrebbe osservare come dal momento in cui Lucano ha comunicato di candidarsi con la liste di Luigi de Magistris per le prossime elezioni regionali in Calabria anche i partiti che lo hanno osannato a lungo si sono improvvisamente “raffreddati”, sempre per quella brutta abitudine di sventolare una faccia riconoscibile piuttosto che impegnarsi per gli ideali che rappresenta. Eppure dovrebbe essere proprio la sinistra a interessarsi di un pro-cesso che vorrebbe definire illegali le buone pratiche di cui ha parlato tutto il mondo, dovrebbe essere proprio la sinistra a seguire con attenzione i risvolti giudiziari che possono diventare stimolo per nuove e migliori leggi per praticare ciò che professa. Altrimenti potrebbe sorgere il dubbio che Lucano sia stato icona utile solo finché era candidabile nella propria scuderia. Sarebbe triste è terribilmente “politico” anche questo, se ci pensate.

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