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Uggetti assolto, ma il Fatto Quotidiano inventa una confessione mai avvenuta

Sono giorni febbrili nella redazione de Il Fatto Quotidiano. Domenica sono impazziti leggendo sul Riformista l’intervista in cui l’ex sindaco Simone Uggetti rispondeva punto su punto agli articoli di Barbacetto e Travaglio che proprio non sanno come digerire l’assoluzione dell’ex sindaco di Lodi e soprattutto l’offerta di scuse di Luigi Di Maio che sconfessa non solo un certo modo di fare politica ma pure un certo modo di fare giornalismo.

Così ieri il quotidiano diretto da Travaglio riesce nella miracolosa impresa di trasformare un processo di un ex sindaco di provincia in un caso politico nazionale (facendo tra l’altro involontariamente anche un bel favore all’odiosissimo Uggetti): si resta in attesa delle prossime prime pagine sul caffè bruciato da un barista di Vizzolo Predabissi e una sfilza di editoriali su qualche rubagalline dell’entroterra salentino e poi il giornalismo contro il crimine potrà dire di avere completato la sua missione. Perché qui si parla, vale la pena dirlo, di un processo per turbativa d’asta di un appalto del valore di meno di 5mila euro che in fase di condanna in primo grado (10 mesi e 300 euro di multa, molto meno di qualsiasi condanna per diffamazione di qualsiasi giornalista) ha spinto i giudici a riconoscere (addirittura nella sentenza di condanna) che Uggetti avesse agito nell’interesse pubblico. Tanto per dire di cosa stiamo parlando. Ma a certa politica e a certo giornalismo piace dare rilevanza ai fatti in base all’utilità personale e quindi si finisce a sprecare giorni per parlare di un’assoluzione che è già sparita perfino nei giornali locali lodigiani.

Dalle parti della corte del nuovo quarto grado di giudizio nazionale (perché devi essere assolto anche da Il Fatto per essere assolto sul serio) hanno tre eroi in tutta questa faccenda. Innanzitutto c’è l’impiegata comunale che “coraggiosamente” ha denunciato Uggetti registrando una loro conversazione: la dipendente pubblica (sorella della presidente di una società sportiva della città che non ha mai avuto accesso alla gestione delle piscine, rivendicata da alcuni grillini come loro “attivista”) sarebbe riuscita nell’impresa di smascherare le malefatte del sindaco. Peccato che i nostri prodi giornalisti si siano persi quel pezzo del processo in cui l’accusa negava l’ascolto in aula di quella scottante prova e solo alla terza richiesta della difesa la giudice Pasquinelli autorizzò la riproduzione in aula: la delusione e lo sconcerto nello scoprire che la prova bomba fosse tutt’altro che una bomba è un pezzo di giornalismo che si sono scordati.

Poi c’è la gip Isabella Ciriaco di cui conviene raccontare una scena: Uggetti è in carcere, tramortito, viene interrogato e la gip gli chiede di questo “appalto da 100mila euro”. Lui non capisce. Il valore era di 5mila. Teme addirittura di non avere capito di cosa sia accusato. Chiede alla giudice di cosa si parli, da dove spunti quella cifra e la gip risponde di averlo letto sul giornale (locale, per di più). Sembra incredibile, vero? Giornali e magistrati che si invertono nella parte dei suggeritori, roba da fantascienza se non ci fosse di mezzo anche la vita delle persone. Poi c’è la tesi dell’accusa, che da sempre per certi giornalisti è già una sentenza, come se non dovesse nemmeno esserci un processo, come se fosse un’inutile perdita di tempo. E fa niente che sia solo “una tesi” e che il processo serva poi a dimostrarla: su Il Fatto si descrive la vicenda giudiziaria fermandosi lì, come i bambini che poi chiudono gli occhi per non accorgersi di quello che accade intorno.

Ma il piatto forte dalle parti di Travaglio e Barbacetto è una confessione che non c’è mai stata. Riportano una frase di Uggetti detta al pm che lo interrogava in carcere: Uggetti ha provato a spiegare che trovandosi in carcere ha avuto la netta sensazione di avere commesso degli errori (ma dai? Che roba incredibile, veh?) e anche in questo caso sarebbe bastato avere l’onestà intellettuale di seguire le udienze o leggere le carte processuali. Uggetti non ha mai confessato nulla. E infatti sulle pagine de Il Fatto si impegnano moltissimo per riportare virgolettati degli altri giornali a sostegno della propria tesi: il giornalismo che cita il giornalismo fregandosene dei fatti a sostegno della propria tesi è un’attività masturbatoria che sarà pure divertente ma risulta piuttosto inaffidabile e pericolosa.

Ah, a proposito: i prodi giornalisti raccontano di Uggetti che avrebbe cercato di “ammorbidire” la Guardia di Finanza. Si sono persi un pezzo: l’ex sindaco dialogava con il comandante della Finanza perché aveva denunciato un dipendente infedele del comune (ma anche questo pezzo se lo sono scordati perché interferisce con la loro narrazione) e per questo aveva chiesto lumi su alcuni suoi dubbi nella procedura. L’avete mai visto un criminale chiedere consiglio alle forze dell’ordine per compiere un reato? Dai, fa già ridere così.

Infine c’è il famoso “uomo della società che avrebbe vinto l’appalto”: è Cristiano Marini, avvocato e conoscitore delle procedure dei bandi a cui Uggetti aveva chiesto una consulenza in amicizia per non spendere soldi pubblici. Marini era nel consiglio di amministrazione di una società partecipata dal Comune di Lodi che deteneva a sua volta una quota pubblica di una società sportiva locale. No, non era il potente amministratore delegato di nessun potere forte che incombeva sul comune. Però in compenso si è fatto il carcere (prima di essere anche lui assolto) con tutto lo stigma del caso.

Ultima cosa le terribili “prove sparite” che Il Fatto sventola con i denti aguzzi: una mail cancellata (messa nel cestino della posta) e un hard disk che la procura descrive come “consegnato” e “assolutamente integro”. Poi, volendo, ci sarebbe l’assoluzione e volendo esagerare delle motivazioni che si stanno ancora aspettando e che sarebbe intelligente leggere. Ma che gliene fotte delle sentenze, a Travaglio e Barbacetto. L’importante è che non si fiacchi certa idea di giustizia che è un vero e proprio mandato editoriale.

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