Vai al contenuto

Li “salvano” così

Tentativi di speronamento, colpi di armi da fuoco, lancio di bastoni. Grazie al video di Sea Watch si capisce bene il concetto di “soccorso” della Libia, il “partner” così caro al nostro governo. Che si sta preparando a rifinanziare la cosiddetta guardia costiera libica…

L’altro ieri Seabird, l’aereo di Sea Watch, ha registrato le immagini di un cosiddetto salvataggio della cosiddetta Guardia costiera libica, quella che lautamente finanziamo, nei confronti di una barcone in acque internazionali di migranti che tentavano di sfuggire alla cattura.

Nel video si vede chiaramente che la motovedetta Ras Jadir, una di quelle donate dall’Italia, tenta di speronare almeno due volte l’imbarcazione dei migranti con azzardate manovre a pochi centimetri (chissà come si sgoleranno ora tutti gli urlatori contro Carola Rackete, per mesi massimi esperti di manovre in acqua nonostante fossero saliti un paio di volte su un pedalò) sparando diversi colpi a distanza e lanciando oggetti, tra cui bastoni, contro le persone a bordo (sono sempre i soliti disperati che provano a salvarsi).

Le 63 persone a bordo del barchino sono riuscite a salvarsi e ad arrivare a Lampedusa. L’inseguimento è durato circa 90 minuti e le acque in cui avviene quel pericoloso avvicinamento in acque maltesi, lì dove la nostra Guardia costiera italiana non si spinge per una comoda forma di rispetto mentre sono ben accetti i libici per fare il loro sporco lavoro. L’ennesima prova che i confini delle aree Saar tornano utili per giustificare i mancati salvataggi ma poi scompaiono quando si tratta di provare a catturare i migranti per riportarli nelle prigioni libiche.

I tracciati dell’aereo di Sea Watch eleborati dal giornalista Sergio Scandura, di Radio Radicale, mostrano chiaramente che i guardacoste libici si sono allontanati di almeno 110 miglia dal porto di Tripoli arrivando a 45 miglia da Lampedusa, spingendosi in una caccia al topo che ha tutte le forme dell’accanimento.

Questo è, per chi finge di non vedere, il concetto di “soccorso” della Libia, il “partner” così caro a Mario Draghi oltre ai soliti Salvini e Meloni. Accanirsi sui disperati è la loro vera missione ed è facile immaginare perché siano così scomodi i testimoni in mezzo al Mediterraneo: le loro politiche fanno schifo e vorrebbero rivendicare il diritto di fare schifo senza essere giudicate.

Chissà che ne pensano gli ammiragli della Marina italiana, quelli che ci hanno deliziato con i loro discorsi in cui rivendicano il professionale addestramento per i soccorsi ai loro colleghi libici. Chissà che ne pensa il governo che si sta preparando a rifinanziare questa combriccola di assassini legalizzati. Chissà cosa ne pensano quei partiti che sostengono un governo del tutto identico sulla questione agli stessi governi che contestava su questo punto.

Chissà che ne pensano gli strumentalizzatori che parlano sempre di “scafisti” criminali ma non scorgono i libici criminali. Chissà che ne pensano gli italiani dei loro soldi usati per finanziare un’attività illegale. Chissà quando troveremo il coraggio di dire basta.

Buon venerdì.

Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.

Tag: