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A mare il prossimo

È una lurida storia di mandanti, di sicari, di colletti bianchi e di tossicità dell’informazione. Nei manuali dell’orrore degli anni che verranno studieremo la sordida condotta che ha permesso all’Italia di pagare alla luce del sole i suoi killer. Tutto regolare, tutto in pubblico senza nemmeno prendersi la briga di incrociarsi almeno nei cessi. C’è un voto del Parlamento che a stragrande maggioranza dice sì, hanno fatto un buon lavoro, paghiamoli bene, paghiamoli ancora.

C’è, in sostanza, questo Bel Paese che ha la sfortuna di affacciarsi sul mare. Di là dal mare c’è un continente che sta sotto la linea dell’umanità: se nasci qualche chilometro più giù passi tutta la vita a liberarti dal male, ma non puoi permetterti di spostarti. È il nazionalismo, bellezza: ti meriti il posto in cui sei nato e se nasci in un posto sfigato sono problemi tuoi. Ne è uscito un mondo in cui nel giro di pochi chilometri si passa dalle nascite tutte piene di tutine regalate dai parenti a quelle figlie di qualche stupro che non hanno nemmeno il tempo di togliersi di dosso la placenta. Un continente depredato, che ora si permette addirittura il lusso di dolersi, che vergogna. Che facciamo quindi? Lo chiudiamo, hanno pensato quelli nati dalla parte fortunata del mondo, come certi vasetti ormai scaduti e andati a male, quelli che puzzano, e poi pensiamo a dove buttarli.

Paghiamoli tanto, bene e ancora

Il Parlamento ha votato compatto per il tappo: paghiamo la Libia per disinfettarci da questo puzzo che arriva dall’Africa. Paghiamoli tanto, paghiamoli bene, paghiamoli ancora. Se la cosiddetta Guardia costiera libica e i miliziani libici sono i sicari, allora viene facile capire che esistano dei mandanti. «Per trovare i mandanti seguite i soldi», diceva Giovanni Falcone. Eccoli qui, alla luce del sole, i soldi: la riunione della Cupola è stata trasmessa in diretta, perfino stenografata, non c’è nemmeno bisogno di indagini. Mandanti e sicari delle morti in Libia e nel Mediterraneo hanno nomi e cognomi, i dettagli della trattativa sono protocollati in cinque anni di iter parlamentari, ci sono perfino le immagini dei buoni che addestrano i cattivi a fare il lavoro sporco, fingendo di farlo in democrazia.

Quali sono le regole di ingaggio della missione internazionale dell’Italia in Libia? Nascondere il problema, annacquarlo ed eliminarlo con furbizia. I centri di detenzione libici sono le strutture legittimate per il sequestro, come avviene per la selezione all’ingresso dei locali che contano: siete troppo poveri e siete troppi per entrare, ci dispiace, vi teniamo qui in cantina. E che accade lì in cantina? Stupri, violenza, richieste di soldi, altri soldi per partire e poi accade che i carcerieri di giorno diventino guardacoste di notte, quelli che li imbarcano per farli partire sono gli stessi che li accalappiano come cani, in mezzo al mare per riportarli indietro. Così il giro ricomincia. Altre botte, altri soldi, altri stupri e poi ripartire per farsi riprendere al giro successivo. Il girone infernale libico è un continuo giro su sé stessi, la tortura di chi annusa la possibilità di essere libero e poi rimane con un groppo in gola.

Il parlamento ha votato compatto: l'Italia continuerà a pagare i miliziani e la guardia costiera libica per limitare gli sbarchi
Migranti recuperati in mare e portati in Libia (Getty)

Libia, il sacchetto dell’umido dei pezzenti del mondo

Il voto alla Libia perché continui ad essere il sacchetto dell’umido dei pezzenti del mondo l’hanno dato quegli stessi parlamentari che si occupano contriti dei diritti di tutto lo scibile umano, politici che si battono per le troppe proteine nelle diete dei gatti, che si immolano per il diritto delle bibite di essere gasate, che vanno alla guerra per orpelli e croci negli uffici, che si struggono per la dignità di Romagna mia, che abbracciano gli ulivi, che alacremente pugnano sui colori degli smalti. Niente, di questi vicini di casa che abitano al piano di sotto e banchettano con i cadaveri non si riescono proprio a interessare. Sono gli stessi parlamentari che si fanno sanguinare gli occhi per qualsiasi notizia che scorgono nel giornaletto più sconosciuto dell’angolo più sconosciuto del mondo, se ci racconta di un cartone animato censurato, ma che non leggono i commenti dell’Onu: «Ribadisco che la Libia non è un porto di sbarco sicuro per migranti e rifugiati», ha detto ieri l’inviato del segretario generale Onu in Libia, Jan Kubis, mentre implorava davanti al Consiglio di sicurezza lo stop alla cooperazione nei respingimenti dei migranti.

Da corpi a numeri, così la vita diventa trasparente

La tossicità dell’informazione ormai è consolidata: ci sono voluti anni ma è bastato disumanizzare i disperati per rendere trasparente la loro disperazione, è bastato togliere i corpi e farli rimanere numeri. «Dall’inizio dell’anno sono state catturate in mare e riportate nei campi di prigionia 16.026 persone. Tra queste, almeno 386 minorenni maschi e 176 ragazzine», urlano le organizzazioni umanitarie. Numeri che passano. L’importante è che non si vedano i corpi e che “quelli” non abbiano occasione di proferire parola per raccontare le loro storie.

Il parlamento ha votato compatto: l'Italia continuerà a pagare i miliziani e la guardia costiera libica per limitare gli sbarchi
Migranti provenienti dalla Libia nel porto di Catania (Getty)

Ecco il patto: voi libici pensate all’infiltrazione che arriva dal mare e tappatela come potete, evitando che i corpi galleggino e voi turchi curatevi dell’infiltrazione via terra, evitando che arrivino le grida.

Cosa potrebbe andare storto ora? Tanto i disperati non potranno mica piovere dal cielo. Ben fatto deputati italiani, ora potete stare sicuri nelle vostre tiepide case e godervi il week end. E mi raccomando: non dimenticatevi di fotografarci la vostra prossima grigliata o il vostro alluce sulla spiaggia. Normalità, normalità: normalizzare è il primo passo per una buona disinfezione.

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