Durante la discussione sul ddl Zan il Carroccio ha presentato 672 emendamenti. Secondo Salvini è così che si dialoga sulla norma, «come chiede il Santo padre». Mentre il leghista Borghi rispolvera l’inqualificabile assonanza tra Lgbt e Hiv
La discussione sul ddl Zan continua, anche se l’attenzione che ci sta intorno sembra un po’ calata perché sostanzialmente della legge (così come di tutto il resto) interessa parlarne solo quando serve a macinare un po’ di propaganda.
La giornata di ieri è stata significativa perché ha svelato per l’ennesima volta le reali intenzioni, i modi e gli interessi dei partiti in campo. Vale la pena farne un riassunto.
Partiamo dalle dichiarazioni: Renzi dice che in Senato “non ci sono i voti” continuando a dimenticare che i voti che mancano sono i suoi e l’altro Matteo (Salvini) annuncia di incontrare «alcune realtà del mondo gay» (probabilmente citofonando a qualcuno indicato da qualche suo elettore) augurandosi una giornata che metta «la parola fine allo scontro, con il dialogo». Dice Salvini: «Il dialogo è doveroso, lo chiede il Santo Padre, lo chiedono gli italiani».
Com’è andato il “dialogo” di Salvini? La Lega ha presentato 672 emendamenti, oltre a una ventina del presidente del Senato Calderoli (eh sì, Calderoli alla presidenza del Senato, ve lo eravate dimenticato siamo messi così). Ha perfettamente ragione Monica Cirinnà quando dice: «672 emendamenti solo dalla Lega . Concordati con Orbán? Ecco il dialogo auspicato da alcuni. Non abbiamo mai avuto dubbi. Condizioni politiche per mediazioni non ci sono mai state. Basta con la tattica. Basta insulti alla dignità delle persone. Ddl Zan subito e senza modifiche». Il dialogo è solo fuffa politica buttata lì per affossare tutto. Ora dovrebbe essere chiaro.
Italia Viva aveva promesso di non presentare emendamenti e invece ne presenta quattro: due sono sottoscritti dal senatore Giuseppe Cucca insieme al capogruppo di Iv, Davide Faraone e altri due firmati da Cucca insieme al socialista Riccardo Nencini. Sempre a proposito di coerenza e di promesse labili.
In totale gli emendamenti superano quota mille per un testo di legge composto da nove articoli. Capite di cosa stiamo parlando?
Poi c’è la solita retorica. Totaro di Fratelli d’Italia dice «gli omosessuali sono specchietto per allodole da utilizzare per raggiungere determinati ambienti anche estremisti a cui si strizza l’occhio» facendo anche un po’ di revisionismo storico («Noi non accettiamo lezioni da Enrico Letta, da tutto quel mondo che rappresenta della sinistra perché abbiamo vissuto sulla nostra pelle la discriminazione dei vostri padri politici che discriminavano chi non la pensava come loro»).
Secondo il meloniano Iannone, il ddl Zan «vuole introdurre il gender in tutte le scuole di ogni ordine e grado». Aimi di Forza Italia ci illumina dicendo che «l’educazione appartiene al papà e alla mamma non deve entrare a scuola». La senatrice leghista Faggi (che ancora non ha imparato a coprirsi il naso con la mascherina) ci illumina dicendo: «Io ho fatto il sindaco venivo chiamata sindaca e dicevo no, sindaco perché non è un ruolo di genere ma di testa, di cuore» raccontandoci di avere «cresciuto una figlia da sola perché un uomo, mio marito mi ha lasciato dopo averla concepita. E sono riuscita da sola con il mio sesso, da donna» (sì, lo so, vi state chiedendo cosa c’entri con il ddl Zan: niente). Sul tavolo delle banalità e delle sciocchezze politiche si siede ovviamente di gran lena Daniela Santanchè che mette insieme tutte le banalità della destra: «Il ddl Zan serve a introdurre di fatto nel nostro ordinamento giuridico una fattispecie di reato cioè di opinione. Questa legge la vuole chi è schiavo del politicamente corretto. Il pensiero unico».
Ma l’apice lo raggiunge il leghista Borghi (che mica per niente è diventato noto per le sconclusionate cretinate che gli hanno fatto meritare qualche ritaglio di giornale) che twitta: «Terzo giornalista che chiama per sapere se sono vaccinato. Finora sono stato gentile, al prossimo parte il vaffanculo e la cancellazione dalla lista dei contatti. Perché questi eroi la prossima volta che intervistano un Lgbt non gli chiedono se è sieropositivo e se fa profilassi?”. Che l’Hiv fosse “la peste gay” e che le persone sieropositive siano da evidenziare con la linea viola intorno (ve la ricordate quella orrenda pubblicità?) era un’idea decaduta già negli anni 90. L’assonanza Lgbt=Hiv è qualcosa di bestiale da qualche decina d’anni ma Borghi, da buon leghista, riesce sempre a essere fuori dal tempo. Questi sono quelli con cui si dovrebbe mediare. Ognuno tiri le proprie conclusioni.
Buon mercoledì.
Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.