Cuba come simbolo di mancanza di libertà è un concetto che si pensava superato almeno dopo avere frequentato le scuole medie e invece evidentemente funziona ancora
In fondo Cuba continuerà a pagare pegno per essere un vessillo e come tutti i vessilli rischia di finire schiacciata da chi la usa semplicemente come clava contro il suo avversario oppure come inno sterile per le proprie convinzioni. In parte c’è una buona notizia: Cuba è viva, l’idea che si porta dietro con la sua storia è qualcosa ancora in grado di spaccare e di fare discutere e come tutti i progetti dalle aspirazioni rivoluzionarie riesce a evidenziare l’ipocrisia e lo snobismo di chi lo affronta con l’ideologia avversa. Le proteste di Cuba sono state utilissime per vedere riaffiorare quel sentimento anticubano che altro non è che una (ignorante) avversione al comunismo, superficialmente sparso in giro come se la storia non facesse il proprio corso.
A gennaio di quest’anno (per citare un esempio paradigmatico) fu il celebre Burioni a dare un fulgido esempio della superficialità in cui in questo Paese si parla di Cuba. È significativo che proprio Burioni, quello che da mesi professa il dovere di parlare delle cose solo con una base di competenza decente, si sia esibito in cotanta arrogante superficialità: «A me va benissimo anche il vaccino cubano, a patto che venga sperimentato in un luogo dove uno scienziato che dice che non funziona non viene messo in galera. In altre parole, in una bella democrazia occidentale», scrisse Burioni a gennaio in un tweet con tanto di faccina sorridente al seguito, quella che si pone alla fine della frase con la disperata speranza di risultare simpatico. Cuba come simbolo di mancanza di libertà è un concetto che si pensava superato almeno dopo avere frequentato le scuole medie e invece evidentemente funziona ancora.
In quel caso fu Fabrizio Chiodo, professore di Chimica all’Avana e ricercatore dal 2014 presso l’Insituto Finlay dove ha collaborato alla sperimentazione di Soberana 01 e 02, a confutare le affermazioni di Burioni (e uno smacco ulteriore è arrivato a fine primavera quando Soberana 02 ha superato gli standard richiesti dall’Oms per essere dichiarato un vaccino) Finita? No, no. Burioni affonda ancora il colpo: «Non voglio entrare in diatribe politiche, ma nessun farmaco è stato sviluppato a Cuba negli ultimi 50 anni».
È falso e la frase ci torna utilissima per raccontare della strumentalizzazione di Cuba nel dibattito pubblico: c’è dentro la finzione maldestra di non voler fare nessun discorso politico nonostante il pregiudizio sia tutto politico e c’è la disinformazione che serve per descrivere un’isola arretrata.
I bambini di tutto il mondo curati con vaccini cubani, i pazienti da tutto il mondo curati con prodotti unici della Biotech Cubana (pubblica) a Burioni sfuggono: vuoi mettere la soddisfazione di delegittimare Cuba? Tanto, come sempre succede, la voce amplificata è sempre quella del più forte, del più potente. È successo con il mediatico virologo ma il meccanismo è sempre lo stesso: l’accusa (falsa) fa il giro del mondo e la difesa rimane sterile tra i soliti noti.
Qualche giorno fa, sempre a proposito delle proteste a Cuba, hanno fatto il giro del mondo le immagini trasmesse da Fox news, il gigantesco network conservatore Usa visibile in tutto il pianeta, che mostra le proteste ritoccando il video e coprendo le scritte dei cartelli in mano ai manifestanti. Sapete cosa dicevano quei cartelli? Il primo cartello dice: “Le strade sono dei rivoluzionari”, la frase pronunciata dal presidente cubano Díaz-Canel pochi giorni fa, il secondo cartello dice: “Viva la Rivoluzione Cubana”. Non vi basta? Roberto Saviano pubblica la foto di una donna urlante scrivendo: “Cuba finalmente insorge contro la dittatura del partito comunista cubano e contro l’embargo. Cuba merita democrazia e la conquisterà”. Tutto giusto, per carità, peccato che quella donna sia Betty Pairol, sostenitrice del governo e attivista, che ha intimato ai social di correggere l’evidente manipolazione. Ovviamente non ha ottenuto risposta.
Ma gli esempi di disinformazione e bufale sono svariati, come ricostruisce Leonardo Filippi in queste pagine: immagini delle proteste in Egitto nel 2011 spacciate per foto di Cuba dieci anni dopo; immagini di cortei a Miami trasformate in foto di manifestazioni a L’Avana; immagini di manganellate in altre nazioni attribuite a Cuba; la folla del Primo Maggio cubano scambiata per manifestazione contro il governo; bandiere del movimento filo-castrista 26 luglio confuse con vessilli di associazione anti-castriste. Allora prima di esprimere qualsiasi giudizio e approfondire con le giuste analisi sarebbe il caso di trovare il coraggio di svestirsi una volta per tutte di questi pregiudizi tossici sulla pelle dei cubani. Mica solo per loro ma anche per noi, per rispetto della nostra intelligenza.
L’editoriale è tratto da Left del 23-29 luglio 2021
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