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Ma che si può fare?

Come salvare la popolazione afghana in pericolo? Lo suggeriscono i giuristi dell’Asgi: piano di evacuazione, ingresso in Europa anche senza visto, procedure rapide per il riconoscimento dell’asilo. Questa è politica, non retorica o propaganda

Cosa si può fare è la domanda che attraversa tutte le persone angosciate per la situazione in Afghanistan di questi giorni. Escludendo la retorica politica e la propaganda servono soluzioni immediate per lenire l’emergenza umanitaria che è sotto gli occhi di tutto il mondo. C’è un tempo per le riflessioni, per le analisi e per i mea culpa (sì, ciao) ma ora si tratta di mettere in sicurezza le molte persone che rischiano la vita.

La politica italiana e europea si sente assolta trovando la soluzione condivisa di salvare “quelli che hanno collaborato con noi” (dove il “noi” potete sostituirlo con un Paese qualsiasi europeo) cadendo ancora una volta nell’indecente postura dell’Occidente che si sente in dovere di salvare i disperati solo per eventuali meriti (come quello di avere collaborato, appunto) e non per le disperazioni. Il giorno in cui l’Occidente imparerà ad accogliere qualcuno che arriva senza niente, che non ha niente, che non sa niente e che sulla battigia allarga le braccia e dice sono qui, sono nudo sarà sempre troppo tardi. Del resto hanno finto di piangere Gino Strada che insegnava proprio questo (salvare tutti, curare tutti) passandoci indenni. Beati loro.

Ma cosa si potrebbe fare? Una risposta seria e importante l’ha formulata l’Asgi (l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione) che indica come prioritario «fare tutto il possibile per evacuare la popolazione locale che ritenga non ulteriormente sopportabile lo stato di privazione dei diritti e delle libertà democratiche». «Tale piano di evacuazione – scrive Asgi – dovrebbe tenere in considerazione innanzitutto le esigenze delle categorie maggiormente bisognose e vulnerabili in questo momento, ovvero almeno donne, minori di età, persone anziane, appartenenti a gruppi e comunità, religioni, posizioni politiche ed etnie che non si riconoscono nell’annunciato nuovo governo, ex collaboratori a qualsiasi titolo del personale civile e militare straniero sino ad ora presente a diverso titolo in Afghanistan. Inoltre, deve essere immediatamente garantita l’evacuazione di tutti  coloro che erano in attesa di partire a seguito di autorizzazione per ricongiungimento familiare e sono ora impossibilitati a farlo».

Per quanto riguarda l’ingresso in Europa «essendo di fatto impossibile il rilascio di visti di ingresso da parte della autorità consolari europee in Afghanistan è, dunque, necessario modificare gli allegati al Reg. (CE) 15/03/2001 n. 539/2001 (o sospenderne temporaneamente gli effetti) e così prevedere la possibilità di ingresso in Europa in esenzione di specifico visto per i cittadini afghani» e anche l’Italia «ha il dovere di garantire o, comunque, agevolare in ogni modo l’ingresso tramite le proprie frontiere marittime, aeree e terrestri dei cittadini afghani che ivi si presentino anche in esenzione di visto e fornire loro tutte le informazioni utili affinché gli stessi possano accedere alla richiesta di protezione internazionale. È difatti di palmare evidenza il diritto di tutti costoro al riconoscimento del diritto di asilo che la Costituzione italiana riconosce quale diritto fondamentale ai sensi dell’art. 10, co. 3».

L’instabilità dell’Afghanistan richiede di trasferire immediatamente «alle rappresentanze consolari italiane nei Paesi limitrofi (insieme agli altri servizi consolari) anche le competenze relative al rilascio di visti di ingresso per i cittadini afghani, in particolare quelli per ricongiungimento familiare o comunque il rilascio di visti umanitari, garantendo procedure rapide e semplificate che non tengano conto del mancato soggiorno regolare del richiedente nel Paese in cui la rappresentanza consolare è situata. Occorre infatti tenere conto del fatto che, in ragione dell’emergenza epidemiologica e dei connessi ritardi dell’Ambasciata italiana a Kabul, molte pratiche di ricongiungimento di familiari di cittadini afghani soggiornanti in Italia risultano a tutt’oggi bloccate. Allo stesso modo occorrerà tenere conto e facilitare il reingresso di cittadini afghani titolari di un permesso di soggiorno italiano che, per varie ragioni, risultano essere bloccati in Afghanistan».

«È poi indispensabile che, facendo uso di tutti gli strumenti normativi attualmente a disposizione, i cittadini afghani comunque presenti in Italia ed in Europa possano accedere con immediatezza alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale». «Solamente nel caso in cui  motivi  concreti e tassativamente previsti dalla legge ostino al riconoscimento della protezione internazionale dovrà, comunque, essere rilasciato a tutte le persone di nazionalità afghana che ne facciano richiesta un permesso di soggiorno a titolo di protezione speciale, ai sensi degli artt. 5 e 19, d.lgs. 286/98». Occorre poi «sospendere i trasferimenti dall’Italia verso altri Stati membri di cittadini afghani» nonché «porre fine alle prassi illegittime di respingimento verso Paesi che non garantiscono il diritto di asilo e un’adeguata tutela dei diritti umani, nonché contrastare l’implementazione di accordi di riammissione e/o finalizzati a trasferire forzatamente i cittadini afghani in Paesi terzi considerati sicuri».

Piano di evacuazione per la popolazione vulnerabile e che richiede di andar via, consentire l’ingresso anche senza visto, procedure rapide per il riconoscimento dell’asilo e sospendere i rimpatri: per chi dice “cosa si può fare” ecco un’ipotesi di soluzione. Le lacrime finte e il dolore di polistirolo servono a poco. La politica deve fare politica. Questa è politica.

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.