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Insorge il sole sulla Gkn

Il Tribunale del lavoro di Firenze ha accolto il ricorso della Fiom e ha revocato l’apertura dei licenziamenti collettivi. È una prima vittoria, ma che sia stato un giudice a ribadire alcuni diritti fondamentali dei lavoratori dà l’idea dell’assenza della politica e di una visione politica del mondo del lavoro

Intanto ci è arrivato il tribunale. Il Tribunale del Lavoro di Firenze ha revocato l’apertura dei licenziamenti collettivi dei 422 dipendenti della Gkn di Campi Bisenzio, la multinazionale controllata dal fondo finanziario Melrose. Il Tribunale certifica che l’azienda ha provato a scavalcare il sindacato tenendo all’oscuro i lavoratori delle reali intenzioni programmando una finta chiusura temporanea lo scorso 9 luglio adducendo inesistenti motivazioni legati alla produzione quando sapevano che i dipendenti non sarebbero più rientrati. Secondo il giudice la multinazionale ha violato l’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori mettendo in atto comportamenti anti sindacali e perfino l’accordo del giugno 2020 tra le Rsu e l’azienda. Dopo la sentenza l’azienda ha comunicato di aver dato «immediata esecuzione» a quanto stabilito dal giudice revocando la procedura «senza che ciò possa considerarsi acquiescenza» e «con ogni più ampia riserva di impugnazione».

Addirittura, secondo la ricostruzione del tribunale, la decisione sarebbe stata presa l’8 luglio in un consiglio di amministrazione in cui si era deciso di delocalizzare la produzione di assi e semiassi (l’attività che si svolgeva nel sito fiorentino) in Polonia. Per il giudice, nel comunicare i licenziamenti collettivi con una email, il 9 luglio scorso, la Gkn è venuta meno al «democratico e costruttivo confronto che dovrebbe caratterizzare le posizioni delle parti». «Pur non essendo in discussione la discrezionalità dell’imprenditore rispetto alla decisione di cessare l’attività di impresa (espressione della libertà garantita dall’art. 41 Cost. ), nondimeno la scelta imprenditoriale deve essere attuata con modalità  rispettose dei principi di buona fede e correttezza contrattuale, nonché del ruolo e delle prerogative del sindacato», scrive il giudice del Lavoro di Firenze, Anita Maria Brigida Davia. Gkn «nel decidere l’immediata cessazione della produzione – si legge nel decreto –  ha contestualmente deciso di rifiutare la prestazione lavorativa dei 422 dipendenti (il cui rapporto di lavoro prosegue per legge fino alla chiusura della procedura di licenziamento collettivo), senza addurre una specifica ragione che imponesse o comunque rendesse opportuno il suddetto rifiuto, il che sicuramente contrario a buona fede e rende plausibile la volontà di limitare l’attività del sindacato». «Quanto al rispetto del ruolo del sindacato stesso – chiarisce il giudice – appare significativa la chiusura di 24 ore per “par collettivo” (permesso annuo retribuito), concordata con motivazione rivelatasi successivamente pretestuosa e artatamente programmata per il giorno successivo a quello fissato per decidere la cessazione di attività, in modo da poter comunicare la suddetta cessazione ai lavoratori e al sindacato con lo stabilimento già chiuso».

È una prima vittoria, certo, ma che sia stato un tribunale a ribadire alcuni diritti fondamentali dei lavoratori (grazie anche a quello Statuto dei lavoratori che molti vorrebbero smantellare) su un ricorso della Fiom dà l’idea dell’assenza della politica, di una visione politica del mondo del lavoro e di una chiara interpretazione del mondo. Enrico Letta ieri twittava: «Avevano ragione i lavoratori, avevano ragione i sindacati e avevamo ragione noi ad accusare la #GKN di aver violato ogni regola. Il Tribunale di Firenze l’ha sancito. Ora si fermino e si volti pagina». Benissimo certo ma per voltare pagina basterebbe che il partito di Letta (che sta al governo) decida di prendere in mano ad esempio il documento che proprio i lavoratori della Gkn con l’aiuto dei Giuristi democratici hanno scritto in otto punti per la stesura di una legge contro le delocalizzazioni. Un documento che parte dalla considerazione che «delocalizzare un’azienda in buona salute, trasferirne la produzione all’estero al solo scopo di aumentare il profitto degli azionisti, non costituisce libero esercizio dell’iniziativa economica privata, ma un atto in contrasto con il diritto al lavoro, tutelato dall’art. 4 della Costituzione».

Come scriveva ieri Deborah Lucchetti su Il Manifesto: «L’idea che la contesa si gioca sulle regole e sulla capacità dello Stato di tornare ad essere protagonista e regolatore dell’economia: la chiamata dei giuristi a scrivere la legge contro le delocalizzazioni selvagge davanti ai cancelli insieme agli operai, sovverte la prassi di un diritto sempre più ammorbidito, scritto per le imprese e il mercato sotto la pressione di migliaia di lobbisti, lontano dal dettato costituzionale e dal bene comune, secondo il fallimentare principio neoliberista dello Stato minimo in un mercato autoregolato».

In tutto questo tra l’altro, come fa notare Marta Fana, «il Fondo Melrose – i proprietari della Gkn- perde in meno di tre ore il 4,3%. A conferma che questi fondi non sono altro che entità finanziarie che speculano sulla morte dell’attività produttiva e sui licenziamenti di massa».

Per questo la lotta della Gkn riguarda tutti: si tratta di decidere che priorità dare ai diritti dei lavoratori, se davvero c’è la voglia di rimettere in equilibrio il lavoro inteso come diritto dei lavoratori e non solo fatturato e utili. Vale la pena leggere con attenzione il comunicato del collettivo di lavoratori del sito di Campi Bisenzio: «Ci dicono che abbiamo vinto il ricorso per condotta antisindacale. Vedremo le conseguenze pratiche. La palla ripassa ancora più pesante al governo. Non osate far ripartire quelle lettere. Cambiate la legge subito», scrivono i lavoratori su Facebook. «La mobilitazione continua perché non c’è salvezza fuori dalla mobilitazione. E perché ci sono trent’anni di attacchi al mondo del lavoro da cancellare. Stiamo imparando tante cose in questa lotta. Iniziamo anche a masticare qualcosa di finanza. E quindi, fossimo un azionista Plc Melrose, inizieremmo a pensare che forse i nostri soldi non sono proprio in buone mani. Inizieremmo a diversificare il portafoglio. È una semplice opinione, sia chiaro. Noi non siamo azionisti del resto. Siamo gli operai Gkn. E questo è quanto. Noi non giochiamo in Borsa. Facciamo semiassi. E insieme a tutti voi, noi #insorgiamo».

Buon martedì.

(foto di Andrea Sawyerr dalla pagina Fb del Collettivo di fabbrica lavoratori Gkn)

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Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.