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«Scusi, lei spaccia?»

Luca Morisi, l’inventore della cosiddetta “Bestia” (ovvero il sistema di gestione dei social che ha portato Salvini a essere Salvini), è indagato per cessione e detenzione di stupefacenti

I fatti di cui siamo a conoscenza: nei giorni di Ferragosto dalle parti di Verona i carabinieri fermano un’automobile per un controllo di routine. Si insospettiscono perché i tre giovani occupanti dell’auto sono molto nervosi, decidono di perquisire la vettura e trovano un flacone con del liquido che sembra droga, mettono sotto torchio i tre e uno di loro dice di averla comprata da Luca Morisi, a Belfiore. A quel punto si procede con la perquisizione a casa di tal Morisi e vengono rinvenute sostanze stupefacenti, poca roba, una quantità compatibile con l’uso personale. Si apre, com’è normale che sia, un’inchiesta e quel tale Luca Morisi viene iscritto nel registro degli indagati per l’ipotesi di reato previsto dall’articolo 73 del Testo unico sugli stupefacenti (“Produzione, traffico, detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope”).

Quel Luca Morisi è lo stesso Luca Morisi che per anni, alla guida dei social della Lega e di Salvini, ha insozzato l’aria di questo Paese sparando contro i deboli e i disperati, fomentando rabbia e vendetta. Luca Morisi è l’inventore della cosiddetta “Bestia” (ovvero il sistema di gestione dei social che ha portato Salvini a essere Salvini). Cosa faceva la Bestia? Trasformava qualsiasi ipotesi di reato in un paradigma per attaccare una categoria: se un immigrato urinava per strada lasciava passare il messaggio che tutte le nostre strade fossero sporche per colpa degli immigrati. Se un islamico era accusato di avere usato violenza contro una donna cercava di convincerci che le donne fossero in pericolo solo per colpa dell’Islam.

Seguitemi. Matteo Salvini faceva una politica così senza social, nelle sue parole e nei suoi comportamenti. Consapevole di come sia facile banalizzare per mungere voti per anni ci sta convincendo che il mercato della droga non abbia grandi capi organizzatori italiani (la ‘Ndrangheta, soprattutto) ma ha sempre attaccato i piccoli spacciatori (che sono soprattutto stranieri) per riuscire a collegare l’idea di sicurezza legata all’immigrazione. Per Salvini gli “spacciatori di morte” (sempre banalizzando chiama qualsiasi droga “morte”, così funziona) sono tutti coloro che vendono una manciata di fumo. Del resto lui ha sempre fatto il forte con i deboli ma è sempre stato piuttosto deboluccio con i forti. A proposito: la Bestia di Morisi e Salvini ovviamente ritengono il web come unico tribunale che conta. Nessun garantismo: se qualcosa appare su un giornale è per forza vero. A posto così.

Cosa ci insegna il caso di Morisi? Che se noi fossimo Salvini potremmo tranquillamente scrivere qui che Morisi (e quindi la Lega, e quindi Salvini) sia uno spacciatore di morte che deve essere sbattuto in galera e bisogna buttare via le chiavi e che tutti i Morisi (e tutti i leghisti) sono pericolosi per il Paese perché avvelenano i nostri giovani con sostanze che portano la morte e che quindi non esiste sicurezza nelle nostre città finché anche l’ultimo dei leghisti è in giro tra di noi. Potremmo anche scrivere che “non abbiamo nulla contro i leghisti che lavorano onestamente” ma che se vogliono stare qui devono rispettare le nostre regole e le nostre tradizioni. Potremmo anche dire che chi protegge i “venditori di morte” (o addirittura li ha assunti lautamente pagati con soldi nostri al Ministero dell’Interno) si deve vergognare e deve smettere di fare politica. Se noi usassimo gli stessi modi della Bestia potremmo twittare che “ripulire l’Italia” (magari con una ruspa) dai Morisi di turno è una priorità per un partito di buon senso.

Insomma, vedete com’è facile?

Buon lunedì.

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