Vai al contenuto

Se serviva un altro esempio di quanto sia autoreferenziale il circolino della politica eccolo qui

Che spettacolo spettacolare osservare gli editorialisti politici contriti per essere stati perculati da Fedez in occasione dell’uscita del suo prossimo album ma, soprattutto, che triste spettacolino non accorgersi che spostare il focus su Fedez quando il tema vero è la rarefatta credibilità di certo giornalismo che ha preso sul serio una mossa di marketing (che puzzava di promozione a un chilometro di distanza) e ora convulsamente fa i capricci.

Accade che Fedez registri un dominio (fedezelezioni2023.it) e subito si scatena un circo di intellettuali e di leader politici che si spintona per dire la sua. C’è il leader politico che ci tiene a dirci che Fedez dovrebbe limitarsi a fare il suo lavoro (e fa niente che molti di quelli un lavoro non saprebbero nemmeno inventarselo se non fossero lì a fare politica), c’è il giornale che addirittura grida al pericolo degli “influencer in politica” (e sono gli stessi che non si sono mai accorti del pericolo dei politici che vogliono fare gli influencer), c’è il critico d’arte politicante che ne approfitta per scoreggiare qualche insulto, ci sono gli omofobi che puntano sulle unghie dipinte, ci sono i falliti invidiosi che sputano bile, c’è qualche intellettuale che si sente in competizione con un rapper cantante, c’è stato il solito fallocrate che ci ha tenuto a dirci che la moglie di Fedez è più bella di lui (e tutto lo studio giù a ridere), ci sono i fascisti che si sbellicavano immaginando la sinistra che ripartiva da Fedez (sono quelli che hanno Montesano e Pippo Franco come maître à penser), ci sono stati gli analisti politici che hanno studiato un’ipotesi che non è mai esistita, ci sono stati i giornali che si sono leccati i baffi al solo pensiero di poter mettere Fedez nel titolo di quelle pagine che svogliatamente leggono in pochi e così via.

Una sequela di mediocrità nel dibattito pubblico che ora si indigna non per l’enorme granchio preso ma perché Fedez (ovviamente) annuncia di avere fatto tutto per lanciare il suo nuovo album (sai com’è, un cantante che promuove un album, che roba straordinaria, eh). E in queste ore si assiste a una pletora di persone che si considerano serie che si lamentano di non essere stati presi sul serio, come se la vergogna non sia l’avere dei media completamente scollegati dalla realtà (quello spazio occupato da Fedez poteva essere riempito con le crisi, gli orrori e le povertà che scorrono ogni giorno) ma sia del cantante che ha osato sfiorare l’ambito politico.

Che poi, volendo vedere, sfugge il motivo per cui Fedez (o chiunque altro) non possa misurarsi in politica dove Pippo Franco sognava di essere assessore della capitale d’Italia, dove Berlusconi è stato scambiato per uno statista, dove Renzi era bollato come esempio di coerenza, dove Grillo è stato un guru, dove perfino Salvini è ancora considerato (da pochi, sempre meno) uno che ha idea davvero di come funzioni un ministero.

Se serviva un altro esempio di quanto sia autoreferenziale e basso il circolino della politica italiana eccolo qui pronto. Buon ascolto. La trollata è riuscita. Chapeau, Federico.

L’articolo originale scritto per TPI è qui