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Primo suicidio assistito autorizzato in Italia, Mario il primo malato a ottenere il via libera

L’eutanasia legale non esiste in Parlamento, non c’è nell’agenda politica dei partiti ma nel mondo qui fuori continua a essere un bisogno. Sotto lo scontro ideologico alla fine ci sono loro, i malati che rivendicano il diritto di non trascinare una vita che per loro è solo un’inutile e vuota sofferenza.

Ieri è stata segnata una data storica: per il fine vita in questo Paese: un paziente marchigiano tetraplegico immobilizzato da 10 anni che ha chiesto da oltre un anno all’azienda ospedaliera locale che fossero verificate le sue condizioni di salute per poter accedere legalmente in Italia ad un farmaco letale per porre fine alle sue sofferenze (in applicazione della sentenza di incostituzionalità della Corte Costituzionale n. 242/2019 che indica le condizioni di non punibilità dell’aiuto al suicidio assistito) ha ottenuto il parere del Comitato etico dell’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche. Il Comitato etico, a seguito di verifica delle sue condizioni tramite una gruppo di medici specialisti nominati dall’Asur, ha confermato che Mario possiede i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito così come stabilito nella sentenza Cappato-Antoniani della Corte Costituzionale.

La storia di Mario inizia una sera d’autunno del 2010 quando tornando a casa rimane coinvolto in un incidente con la sua auto. Si accorge fin da subito di essere rimasto completamente paralizzato. Solo con la forza della spalla riesce a usare il mignolo della mano destra per battere sulla tastiera di un computer, di un telefonino e di un telecomando. Nel 2015 comincia a pensare alla morte come liberazione dei dolori, dalle contrazioni, dalle intenzioni e dalle umiliazioni. Decide di tenere da parte 13mila euro per accedere al suicidio assistito, dopo avere saputo di Dj Fabo, accompagnato da Marco Cappato a Zurigo. In realtà Mario in Svizzera si è iscritto, ha spedito tutti i documenti e ha ottenuto l’accesso al suicidio assistito già a agosto dell’anno scorso. In quel periodo risale anche l’incontro con Marco Cappato e l’associazione Luca Coscioni. Proprio Marco Cappato ha raccontato a Mario come la sentenza della Corte Costituzionale avesse di fatto legalizzato il suicidio assistito in presenza di quattro precise condizioni che Mario ha: è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda.

Da lì parte una lunga battaglia tra aule di giustizia carte bollate e sentenze che non vengono applicate. Dopo la Corte Costituzionale anche il tribunale di Ancona sanciva l’obbligo per la sua azienda sanitaria (l’Amur Marche) di disporre le visite mediche per stabilire se lui ha o no i requisiti per accedere al suicidio assistito. A visitare Mario ci sono andati primari di rianimazione, neurologia, cure palliative, psichiatria, il medico legale, la psicologa, l’infermiere e il medico di famiglia che lo seguono da anni, la dirigente del servizio domiciliare. La palla è poi passata al Comitato etico che ieri ha pubblicato il suo parere. In un estratto si legge che Mario «non ha accettato le proposte terapeutiche di integrazione della terapia del dolore con farmaci antidolorifici o con ulteriori aiuti domiciliari» e che, in merito alla capacità di intendere e di volere «appare pienamente capace di assumere decisioni libere e consapevoli seppure nelle condizioni esistenziali di grave malattia e sofferenza. E la richiesta appare espressa in forma chiara e ripetuta in un lasso di tempo ragionevole». «Mentre il dolore fisico – scrive il Comitato – può trovare riscontri oggettivi nella quantificazione, più difficile è rilevare lo stato di non ulteriore sopportabilità di una sofferenza psichica». Per Mario il Comitato ritiene «che la sua storia e le sue dichiarazioni siano coerenti con la manifestazione di una sofferenza intollerabile». Per quanto riguarda i trattamenti di sostegno vitale si legge che «tali dispositivi e trattamenti, pur non avendo un ruolo attivo come nel caso della ventilazione, idratazione e alimentazione, svolgono un ruolo sussidiario per le funzioni fisiologiche ed intervengono in caso di aritmia cardiaca».

Ora Filomena Gallo, codifensore di Mario insieme agli avvocati Massimo Clara, Angelo Calandrini, Cinzia Ammirati, Francesca Re, Rocco Berardo e Giordano Gagliardini prepareranno la risposta all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche e al comitato etico, per la parte che riguarda le modalità di attuazione della scelta di Mario, affinché la sentenza Costituzionale e la decisione del Tribunale di Ancona siano rispettate. «Forniremo, – dice Filomena Gallo – in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni. La sentenza della Corte costituzionale pone in capo alla struttura pubblica del servizio sanitario nazionale il solo compito di verifica di tali modalità previo parere del comitato etico territorialmente competente».

La vittoria di Mario però è stata tortuosa e difficile perché il Parlamento sul tema continua a latitare. Nonostante siano passati tre anni da quando la Corte Costituzionale ha invitato il governo a recepire la sentenza e legiferare sul tema. Per questo le modalità e l’iter del suicidio assistito di Mario sono frutto del rimpallo di responsabilità di enti locali e tribunali. In Corte di Cassazione giacciono anche più di un milione di firme per un referendum nella primavera 2022 che vorrebbe abrogare parzialmente la norma penale che impedisce l’introduzione dell’Eutanasia legale in Italia. L’omicidio del consenziente, previsto dall’art. 579 c.p. infatti, non è altro che un reato speciale (rispetto a quello di portata generale di cui all’art. 575 c.p. sull’omicidio) inserito nell’ordinamento per punire l’eutanasia.

Con questo intervento referendario l’eutanasia attiva, previa valutazione del giudice in sede processuale, potrà essere consentita nelle forme previste dalla legge sul consenso informato e il testamento biologico, e in presenza dei requisiti introdotti dalla Sentenza della Consulta sul “Caso Cappato”, ma rimarrà punita se il fatto è commesso contro una persona incapace o contro una persona il cui consenso sia stato estorto con violenza, minaccia o contro un minore di diciotto anni. «Ma io non ho alcuna fiducia su quello che potrà fare questo Parlamento – dice a Il Riformista Marco Cappato – anche se da parlamentarista convinto pero di essere smentito dai fatti. In questi 3 anni di sollecitazioni non si è riusciti a trasformare in procedure di legge una sentenza che ha già valore di legge. Il suicidio assistito è già legale. Come si fa ad avere fiducia? Meno che meno ho fiducia su una riforma complessiva che dia la possibilità di eutanasia legale. Credo che questa riforma possa arrivare soltanto con un referendum».

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