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La morte di Madina è una vergogna per l’Ue. Ma la sentenza in Italia è stata oscurata

Madina Hussiny, nel 2017, aveva appena sei anni. Veniva dall’Afghanistan e con la sua famiglia aveva intrapreso la cosiddetta rotta balcanica, il percorso via terra che ogni giorno vede migliaia di migranti in cerca di un futuro migliore in Europa. Madina era arrivata in Croazia passando da Pakistan, Iran, Turchia, Bulgaria e Serbia. Quando ha messo piede nel vecchio continente, i militari hanno rispedito indietro lei e suoi cari senza nemmeno esaminare la loro richiesta d’asilo, come prevede il diritto internazionale. I migranti erano complessivamente 14, di cui sei bambini, e dopo essere stati respinti di notte hanno seguito i binari della ferrovia per tornare in Serbia. Su quei binari è passato il treno che ha ucciso Madina. Oggi, a quattro anni di distanza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha accertato la violazione del diritto alla vita da parte della Croazia e ha condannato il trattamento inumano nei confronti dei bambini, la privazione illegale della libertà, l’ingiusta espulsione dal territorio europeo. Una sentenza sancisce ancora una volta l’illegalità dell’Europa nella politica adottata sull’immigrazione.

La notizia, però, non l’avete letta in giro. Del resto i cosiddetti “respingimenti informali” sono una prassi che tutta l’Ue adotta con consapevole leggerezza, fregandosene dei diritti umani di cui si riempie spesso la bocca. La rotta balcanica, come il Mediterraneo, è un cimitero di semivivi in cui l’unica legge è il respingimento e la violenza. La Croazia condannata in questa storia è semplicemente l’esecutrice dell’Ue, che infatti dal 2017 al 2020 ha sborsato 13 milioni di euro per gestire i confini e i flussi migratori. Il peloso europeismo di questo tempo ha sconsigliato molti direttori e caporedattori italiani di riportare con impeto la notizia. Nella sentenza si legge che «è tempo di rivedere l’intero sistema e adattare i trattati che proteggono i rifugiati alla luce delle sfide attuali». Ma nessuno disturbi il manovratore.

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L’articolo originale scritto per TPI è qui