Pensare che i giornalisti eroi funzionano sempre così bene, vendono parecchio, stringono intorno a sé la politica di ogni colore e si meritano hashtag di solidarietà. Funzionava così, una volta, poi invece agli eroi si è chiesto di occuparsi solo di bassa manovalanza mafiosa, di ladri di polli oppure di ciò che accade fuori dal nostro Paese. La qualità più richiesta ai giornalisti eroi ora è l’allarmare senza citare nessuno, raccontare gli intrighi riuscendo a dimenticarsi quelli che brigano, raccontare fenomeni di corruzione senza corrotti e corruttori, parlare di mafia limitandosi solo ai mafiosi, magari un bel speciale sui furti investigando solo sui derubati, senza ladri. Deve esserci un nuovo modello di giornalista coraggioso che sta tutto il giorno con un sorriso mellifluo e non adombra mai nessuno.
Altrimenti non si spiegherebbe come mai un giornalista, Sigfrido Ranucci, sia coperto da mesi di fango, accusato delle peggiori oscenità senza nemmeno un sussulto in suo difesa, senza provare un po’ di vergogna nel vivere in un Paese in cui un unico giornalista sia stato accusato praticamente di tutto, spesso sempre dalla stessa parte politica, con la placida differenza della politica sempre famelica in cerca di nuovi eroi (mi raccomando, non disturbanti).
Si passa dalla vecchia storia di presunti 45mila euro pagati a una società lussemburghese tirata fuori dal renziano Luciano Nobili per insinuare che Report avesse pagato una fonte per ordire un complotto contro Matteo Renzi. Nobili in quell’occasione si era addirittura superato: aveva sbagliato a indirizzare l’interrogazione parlamentare (il ministero dell’Economia non è competente in materia), si era beccato una minaccia di querela dalla società accusata (Tarantula) e poi ha ci ha deliziato con un mirabile dietrofront al grido di «forse mi hanno detto una stupidaggine». Eh già, l’importante è spargere l’ombra del dubbio.
Poi c’è stato un esilarante impegno per raccontare che esistessero presunte mail complici tra Ranucci e l’ex portavoce di Giuseppe Conte, Rocco Casalino, sempre per inoculare il dubbio che Ranucci fosse “al soldo” di qualcuno. Il fango, anche in quel caso, è durato ben poco vista l’inconsistenza della diceria ma intanto il ventilatore ha sparso un po’ di macchi in giro, ancora.
Poi c’è stato il tentativo di bollare Ranucci come stupido no vax per una puntata di Report. Sono tempi così: permettersi di criticare alcune decisioni o di indagare alcune responsabilità sulla pandemia derubrica tutto al “complottismo” e le tensioni sociali rendono ancora più semplice il trucco.
Ora gli onorevoli Davide Faraone (guarda un po’, sempre della scuderia di Renzi) e Andrea Ruggeri di Forza Italia estraggono dal cilindro una lettera che accuserebbe Ranucci di essere un molestatore. Pensate la coincidenza: tutto accade proprio nella giornata contro la violenza sulle donne quando è molto più semplice entrare in tendenza sui social. Peccato che chiarezza su quella lettera Sigfrido Ranucci l’abbia chiesta già da tempo presentando l’estate scorsa una denuncia alla magistratura. «Credo che il nobile esercizio della funzione di controllo da parte di un parlamentare dell’istituto della vigilanza, mai abbia toccato un livello così basso», dice Ranucci e in effetti viene difficile dargli torto.
In tutto questo, vale la pena ricordarlo, Ranucci è anche sotto protezione per minacce di mafiosi che lo vorrebbero volentieri ammazzare. Minacce, queste sì, verificate e riscontrate dalla magistratura.
Ma Ranucci si è messo in testa di parlare di politica, non gli entra in testa che per essere un eroe qui da noi devi essere omeopatico e sempre cortese con tutti. Il giornalismo che piace a tutti è un lungo, ben pagato, pranzo di gala.