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Da Lodi, ancora, ancora

Il Parco tecnologico padano (Ptp) di Lodi è al collasso. Sì, Lodi, quella stessa città da cui è partito tutto. Lodi diventata tristemente famosa nel mondo per essere stata la prima tappa di una pandemia che ha fatto il giro del globo e che ancora oggi fa i conti con le proprie ferite che continuano a sanguinare.

A Lodi in questi giorni si processano più del doppio dei tamponi che erano stati previsti. Lodi è nel caos. Ancora, ancora una volta. Code interminabili di auto si mettono in fila per ottenere un tampone. Sono persone che hanno i sintomi del virus e persone che hanno bisogno di un tampone per uscire dalla quarantena e poter tornare a lavorare. È saltato tutto: ingolfati i medici di base che non stanno dietro all’incremento di positivi, ingolfate le Ats che hanno perduto qualsiasi speranza di stare dietro al benché minimo tracciamento. Le auto in coda per un tampone rimangono ore per strada. Non c’è nulla, nessun servizio. E sono persone spesso con la febbre (oltre che contagiose). Se per caso devono pisciare se ne vanno per i campi a lato della strada. I tamponi sono introvabili e le farmacie (ovviamente) sono in difficoltà.

Lodi, ancora, un anno dopo. Perso il tracciamento, ormai per avere il polso della situazione bisognerà tenere d’occhio i ricoverati e le terapie intensive. Sostanzialmente guidiamo guardando lo specchietto retrovisore. Ancora, ancora una volta. Il generale Figliuolo (che sparla di code per il Black Friday e di capi firmati) dovrebbe venire a farsi un giro qui da queste parti e spiegarci che non è un suo compito rifornire tamponi dove servono. Probabilmente nell’esercito non riteneva necessario fornire le munizioni e combatteva con i fucili scarichi. Una cosa così.

A Lodi il governo per “dare un segnale” ha inviato l’esercito. A Lodi e Codogno (questo è il territorio del ministro della Guerra Guerini, ex sindaco di Lodi) sono arrivati 7 soldati ciascuno (7 soldati per 2: 14 in tutto) per fare ordine nelle file di auto. Servono i tamponi, non servono i soldati ma comunque la notizia fa il suo bell’effetto se è vero che è stata strombazzata dappertutto.

Curioso che la città che ha le ferite più antiche sia impreparata all’ennesima ondata della stessa pandemia: è la fotografia impietosa dei “migliori” che ora c’è da sperare al massimo che siano “meno peggio di quelli di prima”. La retorica dell’infallibilità si scalfisce giorno dopo giorno.

Ora si corre ai ripari. Ieri mattina mi chiedevo, scherzosamente, quando sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero dato la colpa alla troppa gente che voleva tamponarsi per testare la propria salute o per uscire dalla quarantena. Sembrava una battuta e invece ci siamo già, su molti commenti di molti giornali. Se il problema è non stare dietro alle quarantene si rivedono le quarantene. Semplice. Una volta quando è iniziato tutto questo si aveva almeno la decenza di discutere del fragile equilibrio tra salute pubblica e lavoro. Ora vige il fatturato del tramezzino nel bar sotto l’ufficio (quindi niente smart working, non sia mai che si prenda esempio dalla Germania e dagli altri Paesi europei), vige il fatturato delle spese sotto le feste (quindi niente di drastico fino alla fine dei vacanze) e vige il fatturato che ha bisogno di lavoratori che non si prendano il lusso di troppa quarantena.

Intanto ogni giorno muoiono le stesse persone di un Boeing che si sfracella. E non è solo Lodi: le difficoltà sui tamponi si registrano in diverse regioni d’Italia. Sapete qual è la risposta Colpa delle Regioni. Fatemi capire: se va bene è merito di Figliuolo, se va male è colpa delle Regioni, se va benissimo è merito di Draghi, se ci sono nuove limitazioni è colpa di Speranza Non la trovate una strategia piuttosto infantile?

Vaccinatevi, intanto. E buon giovedì.

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