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Decine di neonati abbandonati in mezzo al mare, e il governo invece di salvarli gli manda pannolini…

Hanno chiesto di sbarcare il 24 dicembre, la vigilia di Natale. Ma sulla Sea Watch 3 (la nave della Ong tedesca che si trova al largo di Augusta) il clima natalizio è qualcosa che ha a che fare con il vento gelido e con il solito traccheggiare del governo italiano che si preoccupa di non irretire gli alleati di governo scordandosi i diritti. Sulla nave ci sono 440 persone, salvate dal mare in cinque diverse operazioni. Di quelle 440 persone 116 sono donne, 5 sono incinte. Ma soprattutto su quella nave ci sono 209 bambini. Di quei 209 bambini 167 non hanno nessun genitore o accompagnatore. Solo 42 (con meno di 12 anni) hanno un genitore. Sea Watch 3 finora ha chiesto per 7 volte di avere un porto sicuro in cui fare sbarcare tutte quelle persone, senza ottenere risposta.

Eppure dalle parti del governo sanno bene quale sia la situazione: nella notte tra lunedì e martedì una donna incinta e sua figlia di 3 anni, in evidente difficoltà, sono state recuperate da una motovedetta italiana per essere condotte a Lampedusa. Il giorno successivo è stata la volta di una donna incinta e sua sorella minorenne, poi un padre con seri problemi medici e suo figlio portati ad Augusta. «Uno stillicidio», avevano detto dalla nave. Ma la fotografia di come si possa distillare l’orrore goccia dopo goccia è arrivata ieri quando l’equipaggio ha fatto sapere di avere quasi esaurito le scorte di latte in polvere e i pannolini: piuttosto che assegnare un porto si è preferito attivare la Prefettura di Catania per inviare scatoloni di latte e pannolini.

«Ci sono neonati che soffrono per l’esposizione alle intemperie. Giovani madri con ustioni da carburante. Uomini che hanno preso la tosse sulle barche instabili su cui viaggiavano», racconta il medico di bordo Martin McTigue. Ma dalle parti del governo devono avere pensato che per ora il rifornimento dovrebbe bastare a guadagnare qualche giorno. Poi l’anno prossimo si vedrà. Per salvare i disperati da noi serve che non ci sia troppo fremito politico, contano più gli umori e la pancia di qualche leader di partito che la salvezza delle persone. Intanto il vento e la pioggia colpiscono la Sea Watch 3 e a bordo ci si inventa qualche modo per coprire il ponte e offrire un po’ di riparo. Nel porto di Augusta sono sbarcati ieri invece i 558 migranti recuperato dalla nave Geo Barents di Medici senza frontiere. Era in attesa di un porto da martedì. Le prime a sbarcare sono state le persone con bisogni medici, i minori non accompagnati e le famiglie. Come accade quasi sempre negli sbarchi di questi mesi nessuno dei naufraghi è risultato positivo al test Covid-19. Tra loro, raccontano dallo staff della Geo Barents «una donna incinta di 8 mesi, minori non accompagnati di 12 anni e persone che hanno subito violenze sessuali e abusi terribili».

Eppure proprio mercoledì nell’udienza successiva al Natale papa Bergoglio aveva ricordato che «la famiglia di Nazaret ha subito tale umiliazione e sperimentato in prima persona la precarietà, la paura, il dolore di dover lasciare la propria terra. Ancora oggi – aveva detto il pontefice – tanti nostri fratelli e sorelle sono costretti a vivere la medesima ingiustizia e sofferenza». Ma non servivano questi ultimi giorni dell’anno per comprendere quale sia la linea dell’Europa: respingere, respingere a tutti i costi. E possibilmente rallentare e complicare i salvataggi che non si possono nascondere sotto il tappeto, come avviene per le navi nel Mediterraneo. Questo 2021 di respingimenti inizia con l’incontro ad Atene dei ministri di Grecia, Cipro, Malta, Spagna e Italia che chiesero il “rafforzamento delle frontiere esterne e un meccanismo europeo per rimpatriare migranti e rifugiati nei loro paesi di origine”.

10 giorni dopo (era il 29 marzo) la commissaria europea per gli affari interni Ylva Johansson visitando i centri di “accoglienza e identificazione” (perché chiamarli di “illegittima detenzione” non pareva il caso) di Samos e Lesbo annunciò l’approvazione di 155 milioni di euro (175 milioni di dollari) per costruire nuovi campi a Lesbo e Chios, oltre ai 121 milioni di euro (137 milioni di dollari) approvati nel 2020 per la costruzione di nuovi campi a Samo, Lero e Kos, e 22 milioni di euro (25 milioni di dollari) per espandere il centro di accoglienza a Fylakio, vicino al confine turco. Poi ci fu il naufragio del 22 aprile al largo delle coste libiche con almeno 130 vittime.

L’11 maggio la Grecia propose di autorizzare Frontex – l’agenzia collettiva di guardia costiera e di frontiera dell’UE – ad operare al di fuori delle acque dell’UE per “prevenire meglio il flusso di migranti verso l’Europa”, ovvero per presidiare le acque turche. Il 18 maggio ci furono i video dei rifugiati che arrivavano a Ceuta a nuoto e venivano ributtato in acqua. Il 7 giugno entrò in vigore una decisione ministeriale greca che considera la Turchia un paese terzo sicuro per afgani, siriani, somali, pakistani e bengalesi (nazionalità che rappresentano il 67 per cento dei richiedenti asilo in Grecia). Il 15 luglio il Parlamento europeo ha pubblicato un rapporto in cui afferma che Frontex è stata testimone di respingimenti che non ha impedito. 10 giorni dopo muoiono altre 150 persone al largo della Libia. Il 19 agosto 45 persone, compresi bambini, annegano a nord della Libia quando il motore della loro barca esplode.

Poi c’è stato l’ottobre rosso della guerra (tuttora aperta) tra Polonia e Bielorussia con i migranti usati come arma di pressione. Il 12 novembre una barca piena di rifugiati affonda al largo della costa libica. Quarantasei persone vengono salvate e 30 corpi recuperati, ma si teme che altre 74 siano annegate. Il 24 novembre 27 rifugiati annegano nel Canale della Manica tra Francia e Gran Bretagna. Nei giorni di Natale tre barche a vela stracolme di profughi si sono capovolte in un clima relativamente mite in tre diverse parti dell’Egeo, provocando almeno 31 morti e decine di dispersi. Basta ripercorrere sommariamente quest’anno per rendersi conto che l’Europa ha già deciso come affrontare l’immigrazione. Le manca solo il coraggio di ammetterlo. Intanto l’Italia, bontà sua, spedisce latte e pannolini al largo.

L’articolo Decine di neonati abbandonati in mezzo al mare, e il governo invece di salvarli gli manda pannolini… proviene da Il Riformista.

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