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Schermo Colle

Una volta qui era tutto reality. Non passava giorno che il format del Grande Fratello venisse applicato come metafora a un accadimento di cronaca, di sport, di politica e di cultura. Per anni il “reality” è stata l’etichetta compulsivamente utilizzata dagli editorialisti, che avevano mollato le similitudini calcistiche per vedere concorrenti dappertutto. Per questo fa strano che non ci si renda conto come il reality abbia raggiunto la vetta inimmaginabile della presidenza della Repubblica: due concorrenti in gara che si sono auto-candidati e che, ovviamente, si ritengono i favoriti studiano ogni giorno le mosse per solleticare la stampa, il pubblico a casa e per ingrossare le fila al prossimo televoto.

Una protesta contro la candidatura di Silvio Berluscono al Colle (foto TIZIANA FABI/AFP via Getty Images)

Berlusconi e la bugia come arma politica

Comunque vada a finire, possiamo già affermare di non avere mai assistito a uno svilimento tale della corsa al Quirinale, diventata un concorso di conformità in cui è scomparsa la politica. Così da settimane stiamo permettendo a Silvio Berlusconi di pascolare nel suo dorato narcisismo utilizzando il ruolo più autorevole della nostra Repubblica come souvenir sfizioso da accalappiare come ultima soddisfazione. Intorno a lui scompare la politica e irrompe il pubblico: nella solita disintermediazione berlusconiana, la corsa alla presidenza si trasforma in una luccicante campagna elettorale giocata direttamente sui cittadini, come se gli organi politici fossero solo un inutile orpello da scavalcare con la dirompente forza del “pubblico a casa”. Matteo Salvini, Giorgia Meloni e la schiera di giannizzeri che si prestano alla campagna promozionale con la solita arma: la bugia. Solo che Berlusconi sa benissimo che una bugia ripetuta di grancassa per un milione di volte lentamente corrode la realtà e così ci ritroviamo sommersi ogni giorno da questo immorale processo di normalizzazione che vorrebbe rendere potabile la cicuta. Vi ricordate qualche anno fa come ci sbellicavamo dalle risate per l’elezione di Donald Trump a presidente degli Usa Rileggete quegli scherni, cambiate solo il soggetto e potreste copiarli pari pari negli editoriali odierni. Solo che qui da noi lo smussamento di Berlusconi altro non è che il tentativo patetico di mondare gli anni che abbiamo vissuto.

Mario Draghi (foto di Thomas Lohnes/Getty Images)

L’autocandidatura di Draghi, una stortura istituzionale

Dall’altra parte Mario Draghi è riuscito a rivendere una promessa come un contratto inviolabile. C’è nell’auto-candidatura al Colle dell’attuale premier (che al contrario di Berlusconi utilizza il riserbo per fingere di non dire l’indicibile) un’evidente stortura istituzionale (ma in fondo Draghi piace proprio per questo, per la morbidezza con cui riesce a soggiogare il processo democratico) ma anche la tecnica pubblicitaria di inquinare il dubbio che sia inevitabilmente naturale che debba finire così. Se qualcuno avesse l’impudicizia o la stupidità di dire apertamente che la presidenza del Consiglio di Draghi era per contratto lo stage per finire al Quirinale verrebbe preso per pazzo. Quindi non si dice ma si lascia intuire. Così la parabola politica dell’ex presidente della Bce diventa un appassionante romanzo rosa, al capitolo in cui si intravede un possibile tradimento e ci si aspetta di sentire il tonfo di una porta sbattuta con gli strepiti dell’addio.

Sergio Mattarella (Getty Images).

Quel desiderio di una reunion a sorpresa con Mattarella

Come in ogni reality che si rispetti ci sono anche le comparse indispensabili a tenere in piedi la sceneggiatura: c’è il personaggio “una donna” trasformato in triste maschera di commedia dell’arte, c’è “il piano degli inquilini all’interno della casa” per infilarci qualche candidatura disperata, ci sono i votanti da esplorare per provare a carpirne le intenzioni, ci sono le candidature di bandiera per suscitare la nostalgia dei tempi andati (che Silvio però utilizza con maestria irraggiungibile) e ci sono i maneggioni che si piombano a Roma attenti a farsi fotografare per nutrire il mito di contare qualcosa. Noi a casa con il telecomando in mano a dirci sul divano com’erano belli quei tempi in cui Berlusconi era presidente e a ricordare gli amori di quell’estate, noi a dirci che ormai siamo troppo vecchi per non volere un po’ di serietà con Draghi per poter invecchiare tranquilli e noi a dirci che sarebbe bello una reunion a sorpresa con Sergio Mattarella. Che emozione questa tredicesima stagione del presidente.

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