Vai al contenuto

Se ne può parlare di Israele?

Le autorità israeliane devono essere chiamate a rendere conto del crimine di apartheid contro i palestinesi. È quanto ha dichiarato ieri Amnesty International in un rapporto di 278 pagine nel quale descrive dettagliatamente il sistema di oppressione e dominazione di Israele nei confronti della popolazione palestinese, ovunque eserciti controllo sui loro diritti: i palestinesi residenti in Israele, quelli dei Territori palestinesi occupati e i rifugiati che vivono in altri Stati.

Nel rapporto si legge che le massicce requisizioni di terre e proprietà, le uccisioni illegali, i trasferimenti forzati, le drastiche limitazioni al movimento e il diniego di nazionalità e cittadinanza ai danni dei palestinesi fanno parte di un sistema che, secondo il diritto internazionale, costituisce apartheid. Questo sistema si basa su violazioni dei diritti umani che, secondo Amnesty International, qualificano l’apartheid come crimine contro l’umanità così come definito dallo Statuto di Roma del Tribunale penale internazionale e dalla Convenzione sull’apartheid.

Amnesty International chiede al Tribunale penale internazionale di includere il crimine di apartheid nella sua indagine riguardante i Territori palestinesi occupati e a tutti gli Stati di esercitare la giurisdizione universale per portare di fronte alla giustizia i responsabili del crimine di apartheid.

«Il nostro rapporto rivela la reale dimensione del regime di apartheid di Israele. Che vivano a Gaza, a Gerusalemme Est, a Hebron o in Israele, i palestinesi sono trattati come un gruppo razziale inferiore e sono sistematicamente privati dei loro diritti. Abbiamo riscontrato che le crudeli politiche delle autorità israeliane di segregazione, spossessamento ed esclusione in tutti i territori sotto il loro controllo costituiscono chiaramente apartheid. La comunità internazionale ha l’obbligo di agire», ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

Secondo Amnesty «dall’annessione di Gerusalemme est nel 1967, i governi israeliani hanno fissato obiettivi per il rapporto demografico tra ebrei e palestinesi a Gerusalemme nel suo insieme e hanno chiarito attraverso dichiarazioni pubbliche che la negazione dei diritti economici e sociali ai palestinesi a Gerusalemme est è un atto politico intenzionale per costringerli a lasciare la città. Il ritiro da parte di Israele dei suoi coloni da Gaza, pur mantenendo il controllo sulla popolazione nel territorio in altri modi, era espressamente legato anche a questioni demografiche e alla consapevolezza che lì non si poteva raggiungere una maggioranza ebraica. Infine, i materiali pubblici pubblicati dal governo israeliano rendono ovvio che la politica di lunga data di Israele di privare milioni di rifugiati palestinesi del diritto di tornare alle loro case è guidata anche da considerazioni demografiche».

Il rapporto di Amnesty International contiene numerose raccomandazioni specifiche affinché Israele possa smantellare il sistema di apartheid e la discriminazione, la segregazione e l’oppressione che lo sostengono. L’organizzazione per i diritti umani chiede in primo luogo la fine delle pratiche brutali delle demolizioni delle abitazioni e degli sgombri forzati. «Inoltre, Israele – scrive Amnesty – deve riconoscere uguali diritti a tutti i palestinesi in Israele e nei Territori palestinesi occupati, come prevedono i principi del diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; deve riconoscere il diritto dei rifugiati e dei loro discendenti al ritorno nelle abitazioni dove loro o i loro familiari vivevano; deve fornire piena riparazione alle vittime delle violazioni dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità».

Non siamo di fronte alle dichiarazioni di presunti terroristi, qui si parla di un documento di una delle più importanti organizzazioni mondiali in tema di diritti, quella stessa organizzazione che spesso viene citata quando tocca Paesi e interessi lontani e non disturbanti per noi. La questione palestinese sembra essere completamente scomparsa dal dibattito politico. Se ne può parlare, di Israele?

Buon mercoledì.

L’articolo proviene da Left.it qui