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L’Ucraina e quei camerieri della guerra che odiano i pacifisti

Odiano la pace perché gli costa più della guerra e perché scontenta i loro padroni. Nel pieno dell’invasione russa a Kiev i signorotti della guerra, quelli bravissimi a parlare di pace ma assolutamente inetti nel praticarla, riescono a spendere energie contro i loro nemici giurati, i
pacifisti, mettendoli alla berlina per poter risultare “l’unica alternativa possibile”. È un movimento uniforme, nemmeno sotterraneo, che abbraccia politici e giornalisti e che imperversa in queste ore sulle pagine di autorevoli giornali e istituzionali canali televisivi. La prima reazione è chiedersi come si possano avere le energie e il tempo di prendersela con i pacifisti mentre le bombe e i missili cadono sulla testa di povera gente, soffocata dall’ingordigia di Putin e dal conveniente imbarazzo del mondo.

Un palazzo bombardato a Kiev, in Ucraina (Getty Images)

Davanti all’invasione c’è chi ha tempo di prendersela con i pacifisti

Davvero di fronte alle immagini di un ospedale colpito, di un palazzo sventrato e di civili stramazzati a terra c’è qualcuno che può avere il tempo, il modo e lo spazio di prendersela con i pacifisti? Sì, accade sempre così, è sempre accaduto. Il meccanismo perverso l’ha spiegato benissimo il vignettista Mauro Biani: «Ricapitoliamo: tutto il tempo non si filano i movimenti nonviolenti e i pacifisti e le loro analisi-proposte. Poi guerra e step 1: “Dove sono i pacifisti?”. Le persone si mobilitano e scendono in strada, allora step 2: “Anime belle, non servite a
niente”. E via, replica infinita».

Quei camerieri della guerra che senza scontro sono perduti

«Dove sono i pacifisti?», chiedono i camerieri della guerra e dei loro padroni. E non serve mostrargli le foto delle piazze italiane e europee che in questi giorni si riempiono di persone e di manifestazioni. Risponderanno che per essere veri pacifisti bisogna avere il coraggio di andare con le bandiere a San Pietroburgo, e se non bastasse ancora, diranno che per essere veri pacifisti bisognerebbe avere il coraggio di farsi arrestare. Senza scontro non riescono ad avere una chiave di lettura del mondo, senza nemici non riescono a immaginare nessun paradigma. I nemici della pace se la prendono con i pacifisti perché non hanno il vocabolario per parlare di diritti e quindi hanno bisogno di intaccarli demolendo le persone.

La guerra di Putin smaschera le ipocrisie del sovranismo

Osservateli bene, i nemici dei pacifisti sono gli stessi che credono solo nella diplomazia della polvere da sparo. Si irritano ogni volta che sentono parlare di sanzioni perché sono disposti a perdere vite umane più dei soldi. Sognano un terza guerra mondiale perché ci hanno preso gusto, dopo due anni di pandemia, nel giustificare le disuguaglianze come intoccabili effetti dell’emergenza. Questa guerra smaschera le ipocrisie, per questo impazziscono. Le bugie di Putin sulla sovranità e sulla libertà sono le stesse che abbiamo ascoltato per decenni, in altre lingue. E questo li fa impazzire. L’atteggiamento criminale di Putin smutanda i piccoli leader di casa nostra che riducono la geopolitica a un feticcio e che hanno trasformato il leader russo in un logo da indossare sulla felpa per concimare elettori.

Le responsabilità dell’Europa e l’indebolimento di Draghi

Questa guerra sconfessa un’Europa macchinosa e disunita che fatica a fare quadrato (ed è questo che Putin voleva). Questa guerra smaschera coloro che con la guerra si arricchiscono e che le guerre le vogliono sempre fare pagare agli altri: un sottosegretario di governo che in diretta televisiva ci spiega come la difesa degli ucraini inermi non possa sporcare il mercato del lusso italiano che farcisce gli oligarchi russi è la cartina tornasole delle disumane priorità. Questa guerra sputtana Draghi che in pochi giorni è stato ammaccato sul piano internazionale (uno dei punti forti del suo curriculum) e si ritrova a promettere soldati.

Manifestazione pacifista a Barcellona, in Spagna (Getty Images)

Nessuno è disposto a pagare i costi di una pace

Questa guerra svergogna Salvini che si fa riprendere mentre posa i fiori all’esterno dell’ambasciata ucraina (proprio lui, l’adoratore del “fare” e dell’uomo forte che si affida alla preghiera come soluzione) e che si ritrova costretto a inventare un razzismo umanitario per distinguere i profughi veri (quelli che servono per non sembrare bestiale) e presunti profughi finti che gli servono per non infiacchire il suo razzismo elettorale. Questa guerra ancora una volta ci insegna che i conflitti costano, eccome, e costano a tutti. Non esistono guerre lontane, non esistono guerre di cui possiamo non interessarci, non esistono guerre convenienti. Tocca dare ragione a Lincoln quando diceva che non esiste un modo onorevole di uccidere, né un modo gentile di distruggere. Non c’è niente di buono nella guerra, eccetto la sua fine. Ma anche la pace costa e qui più di qualcuno non sembra disposto a pagarla.

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