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Ribaltiamo la domanda: qual è la strategia degli “interventisti”?

Poiché siamo un Paese banale e provinciale gli ultimi giorni sono passati con una gazzarra interna tra i testoteronici editorialisti innamorati della guerra che sbeffeggiano i pacifisti e coloro che provano a pretendere almeno un briciolo di complessità che si sentono tacciati all’urlo «non è tempo di analisi!».

Nel frattempo, poiché l’Ucraina ha problemi ben più grossi di qualche giornalista illuminato che filosofeggia sull’equidistanza di cui nessuno ha mai veramente parlato, il corridoio umanitario che avrebbe potuto mettere in salvo qualche civile è stato ripetutamente boicottato, l’esercito di Putin continua a sparare alla gente e sulle case e in Russia le manifestazioni contro la guerra e contro Putin registrano migliaia di arresti. Da parte sua Zelensky alza il tiro nei confronti dell’Europa e della Nato (chiedendo l’istituzione ad esempio di una no fly zone che sarebbe un innesco pericolosissimo a livello mondiale) e Putin fa l’unica cosa che gli resta di fare: alzare la posta e chiedere condizioni per la pace che sono assolutamente inaccettabili.

Una delle frasi più lette e ascoltate nelle ultime ore va urlata in faccia a chiunque provi a chiedere un abbassamento del conflitto e dice più o meno «ah sì, e come pensate di fermare Putin?». Poi c’è tutto il seguito barzotto di quelli che applaudono.

Allora invertiamo la domanda, senza polemica: come pensano gli interventisti di risolvere il conflitto? C’è qualcuno tra questi novelli esperti bellici (prima virologi) che riesce a delineare tempi, modi e costi in vite umane di un’eventuale soluzione? Se l’obiettivo è fiaccare i russi o renderne difficile e costosa l’invasione qualcuno ha idea di quanto costerebbe in termini di vite umane? Oppure l’obiettivo è fare in modo che l’opposizione ucraina e le sanzioni possano fare retrocedere Putin? Non sono domande retoriche, è proprio per capire. Perché qui da fuori la sensazione è che si sprechino molte energie per versare bile sulla piazza pacifista di Roma e poi non ne avanzino per spiegare quale sia il piano.

E se anche cadesse Putin (ce lo auguriamo quasi tutti) davvero credete che come per magia in Russia si instaurerebbe una fulgida democrazia amica del resto del mondo? Il regime putiniano, al di là di come viene raccontato spesso in Italia, non è compatto ma è un mosaico di diverse fazioni che porterebbe a una diversa guerra: c’è il cerchio magico di Putin (come Anton Vaino o Dmitry Peskov), ci sono i colossi di Stato (dell’energia e degli armamenti) e un sottobosco di tecnocrati e oligarchi.

Non solo: come si ha intenzione di gettare le basi per una reale rinascita dell’Europa orientale? Di questo occorrerebbe parlare ora, lasciando perdere le effimere discussioni da cortile. Ne vedete in giro? Ne state ascoltando? Perché altrimenti il dubbio che la strategia sia solo l’eliminazione del nemico senza rendersi conto che di mezzo c’è anche un fragile equilibrio tra pezzi di mondo.

L’analista geopolitico e geostorico Gabriele Catania ad esempio avanza un’ipotesi: «Le diplomazie occidentali – scrive –  dovrebbero fare ogni sforzo per organizzare una Conferenza paneuropea per la pace e la prosperità dove riunire intorno a un tavolo l’Ucraina, la Russia, la Bielorussia, la Moldavia, la UE, gli Stati Uniti e il Regno Unito, nonché il Canada, la Turchia, la Svizzera, la Santa Sede, l’Islanda, la Georgia, l’Armenia, l’Azerbaigian e la Norvegia. In cambio della pace, e del rispetto della sovranità dell’Ucraina e del suo percorso di integrazione nella Ue, la Russia non riceverebbe solo la garanzia di neutralità da parte dell’Ucraina (ipotesi a cui ha recentemente accennato lo stesso presidente Zelens’kyj), ma otterrebbe di beneficiare (al pari dell’Ucraina, della Moldavia e della Bielorussia) di una grande iniziativa di rinascita dell’Europa orientale basata su tre pilastri: un massiccio sostegno finanziario da parte di Ue, Uk, Usa, Norvegia, Svizzera e Canada alla Russia per la riconversione ecologica delle industrie e delle sue infrastrutture, secondo un piano elaborato da una commissione tecnica paritaria; il rilancio del dialogo tra Russia e Nato; il varo di una piattaforma denominata Eastern Dimension che, sulla falsariga della joint policy Nordic Dimension (attiva dal 1999 tra Ue, Russia, Islanda e Norvegia), permetta una collaborazione reale e paritaria tra Ue, Bielorussia, Russia e Ucraina in ambiti concreti come l’ambiente, l’istruzione, la cultura, i trasporti, la salute e il benessere della popolazione ecc.».

È semplicemente un’ipotesi di una sola voce. Ma di questo servirebbe parlare.

Buon lunedì.

 

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