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Abbassare i termosifoni. Le ricette facili dei nostri politici. Chi inneggiava al Pil oggi invita al risparmio energetico

Il limite tra populismo e responsabilità del proprio ruolo politico non sta, come provano a farci credere da tempo, in una parte di presunti buoni e un’altra di cattivi. Il populismo è l’abitudine di proporre soluzioni semplici a temi complessi rifugiandosi dietro ad azioni simboliche che non spettano né alla politica né alla classe dirigente.

Per capirsi: che la crisi energetica sia il risultato di decenni di errori e di egoismi, figlio di una miope lettura della geopolitica e di incapacità di programmare il futuro è un fatto difficilmente contestabile. Si possono avere opinioni diverse sulle soluzioni percorribili, si possono avere pareri discordanti nell’analisi del passato ma compito della politica è quello di scegliere modi, tempi e assumersene la responsabilità.

Proprio per questo non si possono sentire dirigenti di partito che da giorni con l’elmetto in testa chiedono ai cittadini di “prendere parte alla guerra” e di “lottare per la libertà” abbassando di qualche grado i termosifoni o dimezzando le docce o facendo lavatrici solo di notte. Badate bene, un consumo più responsabile e efficiente delle risorse è uno dei passaggi obbligatori per risolvere la crisi climatica e energetica che affligge il mondo ma che oggi (sempre con quel sottofondo di militarismo virale) a dircelo siano gli stessi che per anni hanno giovialmente perculato chiunque chiedesse un minor spreco delle risorse è qualcosa di immorale e irricevibile.

Sì, perché i guerriglieri con i termosifoni (degli altri) sono gli stessi che irridevano Greta e i milioni di giovani in piazza per l’ambiente, sono gli stessi che ritengono l’ambientalismo un “hobby” da non considerare, sono gli stessi che fino a ieri spingevano all’edonismo più sfrenato per non far calare troppo il Pil. È questo l’aspetto grottesco. Che una classe di privilegiati (molto spesso senza merito) si permetta con il solito fare paternalista di suggerire con tanto entusiasmo soluzioni che le famiglie praticano da tempo per ovviare a redditi indecenti è uno dei tanti tragicomici ribaltamenti di questo tempo.

Milioni di italiani sanno bene che abbassare le temperature è l’unica soluzione per stare in stipendi da fame, milioni di italiani conoscono benissimo gli orari in cui usare gli elettrodomestici. Sono gli italiani che galleggiano con un reddito che sanguina già con una pizza di troppo, quelli che non possono permettersi di avere imprevisti perché non possono permetterseli, sono quelli che si sono smussati tanto da considerare privilegi i propri diritti.

Nella narrazione poi manca un pezzo, sempre quello: l’industria. Il 75% del gas in Italia serve all’industria. La cultura del consumo responsabile è qualcosa che non può essere usata per mitigare un caos politico che pretende decisioni politiche. È populismo e basta. Che i sindaci italiani e le istituzioni abbassino e chiedano di abbassare i termosifoni è un gesto simbolico (e importante) ma non ha nulla a che vedere con una seria programmazione.

Il Governo ha sbloccato solo 0,42GW di energia rinnovabile quando ne servirebbero 9GW all’anno per raggiungere gli obiettivi al 2030. Non ascolta nemmeno le imprese delle rinnovabili che stanno entrando in sciopero a causa delle sue politiche irresponsabili. Si parli di programmazione e di scostamento di bilancio. I nuovi profeti del pauperismo non hanno nessuna credibilità, dal loro scranno di privilegiati. L’elogio del consumo fa schifo ma anche la banalizzazione e la strumentalizzazione di un tema complesso non sono da meno.

(da La Notizia)