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Draghi guida la corsa ad armare Kiev. Il premier travolto dall’epidemia bellica illude l’Ucraina sull’ingresso nell’Ue

Ci si preoccupava (con qualche ragione) che Volodymyr Zelenskyparlasse al Parlamento italiano con toni da terza guerra mondiale, con similitudini spericolate e invece avremmo dovuto preoccuparci di Mario Draghi.

Il capo del governo dei migliori infatti ha indossato l’elmetto in un discorso che ha ben poco di politico e molto di retorico: “Il vostro popolo – ha detto Draghi rivolgendosi al presidente ucraino – è diventato il vostro esercito, l’arroganza del governo russo si è scontrata con la dignità del popolo ucraino che frena le mire espansionistiche di Mosca e pone costi altissimi all’esercito invasore. Oggi l’Ucraina non difende solo se stessa ma la nostra pace, libertà e sicurezza”.

Abbiamo passato giorni a discutere del rischio che Zelensky utilizzasse (come aveva già fatto nei suoi discorsi precedenti con i parlamenti di altri Paesi) l’artificio retorico della Resistenza italiana e invece è bastato lasciar parlare Draghi: di “resistenza eroica” ha parlato il presidente del Consiglio, arrivando a un livello emozionale che perfino il presidente ucraino sotto le bombe aveva trovato inelegante utilizzare.

Draghi ha avuto la temerarietà di dirci che “l’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione europea”

Ma l’aspetto più inquietante è che mentre si cerca qualsiasi piccolo spiraglio per la pace in un’equilibrio delicatissimo (che ha spinto perfino Zelensky a rivedere le proprie posizioni sull’entrata dell’Ucraina e della Nato) il nostro Presidente del Consiglio, probabilmente travolto dall’epidemia bellica, ha avuto la temerarietà di dirci che “l’Italia vuole l’Ucraina nell’Unione europea”: le parole più spropositate e intempestive che si potessero pronunciare in un momento del genere. Tra l’altro Draghi e i suoi, che da sempre pigiano sul mito della serietà e dello studio, dovrebbero sapere che già nelle scorse settimane diversi Paesi europei avevano valutato la possibilità di un ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea.

L’Europa però non è la patria dei Paesi meritevoli in quanto invasi (altrimenti Yemen, Palestina e Afghanistan sarebbero europee da un bel pezzo, solo per citarne alcuni) ma è un’Unione che richiede governi in grado di approvare riforme economiche e istituzionali complesse e precise, ben distanti dall’Ucraina, ben prima che venisse invasa dalla Russia ed entrasse in guerra.

Anche la guerra è tutt’altro che un evento acceleratore dell’ingresso nell’Ue: qualcuno avrebbe potuto far notare a Draghi e alla sua schiera che il trattato sull’Unione Europea prevede all’articolo 42.7 una precisa clausola di “difesa reciproca” nel caso di attacco di un Paese membro. In sostanza, come avviene per la Nato, fare entrare l’Ucraina in Europa (o come nel caso di Draghi, lasciare intendere che “l’Ucraina sia già Europa, anche se mancano le carte”) significa trascinare tutti i Paesi membri in una guerra che assumerebbe in un secondo proporzioni enormi.

Non è un caso che Josep Borrell, Alto rappresentante di Bruxelles per gli Affari esteri, abbia detto che “l’Ucraina ha una chiara prospettiva europea”, ma che l’adesione è qualcosa che richiederà, in ogni caso, molti anni e che adesso l’Unione “deve fornire una risposta per le prossime ore, non per i prossimi anni”. I guerriglieri da divano comunque festeggiano. Insomma, delusi perché Zelensky non è stato abbastanza Rambo ma felici che Draghi abbia fatto lo Zelensky. Loro sono a posto così.

(per La Notizia)