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25 aprile: non solo Ucraina, perché dal 2003 la Resistenza divide l’Italia

L’Ucraina non c’entra nulla. Non è la guerra il motivo del contendere contro l’Anpi e a cascata contro il 25 aprile. Si tratta di un ulteriore passaggio del solito percorso di delegittimazione (che i più moderati chiamano normalizzazione) della Liberazione e della Resistenza. Lasciate perdere le parole del presidente dell’Anpi Pagliarulo, quelle non le ha lette nessuno, sono state semplicemente tagliate per le righe che bastano a innescare la polemica. Questo Paese festeggia la Resistenza e il 25 aprile con grande difficoltà dall’avvento di Silvio Berlusconi in poi, quando lo sdoganamento di una destra che fino a prima non aveva mai trovato terreno per certe aberranti riletture della ricorrenza, è riuscita a mettere fuori la testa.

Da Berlusconi a Renzi, fino alla recente polemica sull'Ucraina: perché il 25 aprile continua a dividere l'Italia
Il manifesto dell’Anpi per la festa del 25 aprile

La miccia sulla rilettura del 25 aprile venne innescata da Silvio Berlusconi

Questa volta si è buttata in mezzo la questione dell’Anpi che sarebbe filoputiniano ma il 25 aprile del 2003 la miccia fu la tendinite del Cavaliere, che usò una malattia presunta per spaccare l’unità sulla Liberazione. «Speriamo che Berlusconi non si debba tagliare la mano, visto che quella slogata è la sinistra», disse scherzando, ma non troppo, Dario Fo durante il corteo della manifestazione. Da lì in poi ogni anno, ogni volta, fu un tentativo continuo di annacquare la memoria. Ci toccò vedere i giovani di Alleanza Nazionale protestare contro il loro segretario Gianfranco Fini accusato di essere troppo morbido verso il 25 aprile e i partigiani. Ma se gli attacchi da destra contro la Liberazione e il 25 aprile sono perfino scontati in un Paese che non ha mai fatto i conti con la propria storia (del resto siamo lo stesso Paese in cui Pansa ha potuto lucrare per anni offrendo una rilettura che avrebbe voluto parificare fascisti e partigiani) gli attacchi dal centrosinistra sarebbero stati inimmaginabili prima dell’arrivo di Matteo Renzi alla segreteria del Pd.

Da Berlusconi a Renzi, fino alla recente polemica sull'Ucraina: perché il 25 aprile continua a dividere l'Italia
Manifestazione per il 25 aprile a Roma (Facebook)

L’attacco al 25 aprile dalla sinistra renziana

Era il 2017 (anche se in molti sembrano essersene già dimenticati) e i renziani si inventarono l’orripilante slogan #tuttoblue per riverniciare il 25 aprile (o più semplicemente per sottrarlo alla memoria partigiana) invocando una marcia per l’Europa. Fu uno spettacolo indecoroso, che vide nelle piazze adoratori del renzismo agghindati con gadget preparati per l’evento e abbiamo dovuto sorbirci perfino Coco Chanel rivenduta come icona del patriottismo europeo (perché chi cerca di intossicare il 25 aprile manca sempre dei fondamenti di storia). Al posto dei partigiani, Renzi ebbe la brillante idea di celebrare John Lennon, Jane Austen (?), Marie Curie o Leonardo Da Vinci. Tutti grandi cittadini del Continente europeo ma che poco o nulla  hanno avuto a che fare con l’idea di un Europa unita. E che avevano anche il considerevole pregio di essere morti e non poter dire nulla. Cosa c’entravano I’m Blue da ba dee da ba da e Nel blu dipinto di blu con il 25 aprile? Niente. Era solo un modo vigliacco per riabilitare le idee che la Resistenza ci consegna come monito. Cosa c’entra la guerra in Ucraina Niente. Dal tutto blu siamo passati al gialloblu ma se ci fate caso gli ideologi sono più o meno sempre gli stessi.

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