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Prigioni incivili: Paese incivile

Come tutti gli anni il XVIII Rapporto annuale dell’associazione Antigone sulle condizioni di detenzione in Italia dipinge un quadro desolante.

In Italia il tasso ufficiale di affollamento delle carceri risulta del 107,4% ma il dato reale racconta di una Puglia al 134,5%, la Lombardia al 129,9%, il carcere di Canton Mombello al 185%, Varese al 164%, e Bergamo e  Busto Arsizio al 165%.

I detenuti con condanne in via definitiva erano il 69,6% dei presenti al 31 dicembre 2021, mentre 10 anni prima erano il 56,9%. Una crescita di 10 punti percentuali in 10 anni. Da tempo infatti si registra una costante tendenza alla riduzione del ricorso alla custodia cautelare e dunque in proporzione alla crescita tra i presenti di persone con una condanna definitiva. Ancora però i numeri sono altissimi.

Sono 1.810 gli ergastolani, di cui 119 stranieri. Nel 2012 erano 1.581, nel 2002 erano 990, nel 1992 erano 408. Sono cresciuti di 1.402 unità in trent’anni.

Dei detenuti in carcere alla fine del 2021, il 3% stava scontando una pena inflitta fino ad un anno, il 19% fino a 3 anni, il 18% da 10 a 20 anni, il 7% oltre 20 anni, il 5% l’ergastolo. Quanto alla pena residua, il 18% aveva un residuo pena fino ad un anno, il 52% fino a 3 anni, il 6% da 10 a 20 anni, l’1% oltre 20 anni (cui si aggiunge il 5% che scontava l’ergastolo). Un numero enorme di detenuti dunque, per la precisione 19.478, deve scontare una pena residua pari o inferiore a 3 anni. Una gran parte di loro potrebbe usufruire di misure alternative.

Per quanto riguarda i servizi sanitari e igienici, dei 24 istituti con donne detenute visitati da Antigone nel 2021 il 62,5% disponeva di un servizio di ginecologia e il 21,7% di un servizio di ostetricia. Solo nel 58,3% degli istituti visitati le celle erano dotate di bidet, come richiesto dal regolamento di esecuzione da più di vent’anni.

Al 31 marzo 2022, erano 19 i bambini di età inferiore ai tre anni che vivevano insieme alle loro 16 madri all’interno di un istituto penitenziario. Di questi, il gruppo più consistente è composto da 8 bambini ospitati nell’Istituto a custodia attenuata per madri detenute di Lauro, unico Icam autonomo e non dipendente da un istituto penitenziario. A questo segue un gruppo di 4 bambini all’interno della sezione nido della Casa Circondariale di Rebibbia Femminile. Ospitano poi due bambini ognuno gli Icam interni alla Casa Circondariale di Milano San Vittore e di Torino e la Casa Circondariale di Benevento. Un solo bambino si trova invece all’interno dell’Icam della Casa di Reclusione Femminile di Venezia. A fine 2021 i bambini in carcere erano 18, il numero più basso registrato negli ultimi decenni. Dopo i picchi raggiunti nei primi anni 2000, quando si sono arrivati a contare anche più di 70 bambini in carcere, negli ultimi dieci anni i numeri sono complessivamente diminuiti seppur con un andamento piuttosto altalenante.

Gli stranieri, nonostante la narrazione, non sono i “più pericolosi delinquenti”: la pena residua dei detenuti stranieri (dati al 31 dicembre 2021) è generalmente più bassa rispetto alla media: il 24,3% degli stranieri sconta infatti un residuo di pena tra 0 e 1 anno, a fronte di una percentuale generale del 18%. Il 42,2% degli stranieri sconta tra 0 e 5 anni di residuo pena, a fronte del 37,6% del totale della popolazione detenuta che sconta lo stesso residuo. Solo il 2,6% dei detenuti stranieri ha una pena inflitta a più di 20 anni di carcere, a fronte del 6,6% della popolazione totale detenuta. l’1% dei detenuti stranieri sconta la pena dell’ergastolo, a fronte del 4,8% del totale della popolazione detenuta.

Nel 2020 il tasso di suicidi era pari a 11.4, ben superiore alla media europea annuale attestatasi a 7.2 casi ogni 10.000 persone detenute. Il Paese con il tasso più alto è la Francia (27,9), seguita da Lettonia (19,7), Portogallo (18,4) e Lussemburgo (18). Importante notare inoltre come l’Italia sia tra i Paesi europei con il più alto tasso di suicidi.

«A proposito del regolamento di esecuzione del 2000, di cui sarebbe urgente un aggiornamento, questo prescriveva che le “camere detentive” fossero dotate di doccia, riscaldamento adeguato ed acqua calda. In molti degli istituti da noi visitati – si legge nel rapporto di Antigone – ci sono ancora celle che non rispettano queste condizioni. Nel 5% degli istituti visitati ci sono ancora celle in cui il wc non è in un ambiente separato, isolato da una porta, ma in un angolo della cella. A Carinola ad esempio, nel reparto destinato ai protetti, manca qualsivoglia divisorio tra il water, il lavabo ed il letto. A San Severo in Puglia il bagno è separato dal resto della stanza esclusivamente tramite un pannello dell’altezza di circa 3 metri».

Sono quasi 17.000 i detenuti che lavorano per l’amministrazione penitenziaria in attività domestiche. Molti lavorano per poche ore al giorno o pochi giorni al mese. Il budget non consente la piena occupazione e si cerca di distribuire il benefit. I detenuti lavoranti non alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria, al 31 dicembre 2022 erano 2.305, rappresentando il 4,3% sul totale dei detenuti. Tra questi i semiliberi erano 799 e le persone in articolo 21 erano 551. Lavoravano in istituto per imprese 242 detenuti e 713 detenuti lavoravano per cooperative. Scrive Antigone: «Secondo la nostra rilevazione, in media nei 96 istituti visitati il 33% dei detenuti presenti era impiegato alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria; di questi buona parte è impiegato sempre in mansioni di tipo domestico. Solo il 2,2% dei presenti era invece in media impiegato alle dipendenze di altri soggetti. Il dato è peraltro molto disomogeneo. In Emilia-Romagna questa percentuale era del 4%, in Campania dello 0,3%. In 37 istituti visitati, più di un terzo del totale, non abbiamo trovato alcun detenuto impiegato per un datore di lavoro diverso dal carcere stesso. In un istituto importante come Poggioreale lavorano solo 280 detenuti sui 2.190 presenti, meno del 13%».

Questi sono solo alcuni dei punti critici del rapporto. «Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione», recita la frase attribuita a Voltaire. A voi il giudizio.

Buon venerdì.

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