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Disabili fatti scendere dal treno: così deraglia il “treno” della dignità

Disabili fatti scendere dal treno: ventisette ragazzi sono stati costretti a scendere da un treno regionale diretto a Milano da Genova perché i loro posti regolarmente prenotati erano occupati da altri passeggeri che si sono rifiutati di farli scendere. La scena si è svolta di fronte al personale di Trenitalia e a agenti della Polfer. Prevedibile l’indignazione della politica con il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti (che ha reso pubblica la vicenda) che parla di episodio “vergognoso” e “da stigmatizzare” che “segna la totale mancanza di rispetto e sensibilità verso le persone disabili”.

La ministra per le Disabilità Erika Stefani in un post su Facebook scrive: “L’inclusione è una battaglia che ci vede tutti uniti ed episodi del genere vanno stigmatizzati all’unanimità, altrimenti avremo perso tutti. Per fortuna ci sono tante persone nel nostro Paese che rispettano i diritti delle persone con disabilità: a loro sembrerà assurdo quanto accaduto sul treno Genova-Milano”. 

Disabili fatti scendere dal treno: brutta pagina

Quando c’è da prendere posto di fianco ai disabili i politici e i benpensanti sono sempre in prima fila. È veloce, facile e non costa niente. Uscendo però dalla narrazione forse conviene fare alcune riflessioni. Sì, è vero che non credere il posto a persone con disabilità è qualcosa di sconcio e riprovevole ma sorge il dubbio che sia fin troppo facile personalizzare con un pizzico di moralismo un problema che probabilmente più ampio. Lo pensa anche Giulia Boniardi, la presidente dell’associazione Haccade, che accompagnava i ragazzi che infatti scrive: “Non ha senso la pretesa di far scendere dal treno delle persone che avevano un biglietto con prenotazione come lo avevamo noi, prescindendo dalle loro esigenze: era una competenza che non spettava ai passeggeri, non era un problema risolvibile da noi clienti ma da Trenitalia”. Il viaggio infatti, racconta Boniardi, “era fisicamente impossibile perché erano tutti ammassati. A quel punto c’è stata un’escalation di nervosismo, con manifestazioni di disappunto ma nei confronti della situazione e non dei disabili”. “Quello che vogliamo fare notare – dice la presidente dell’associazione – è come non sia stato tutelato il diritto di spostamento per tutti nelle stesse condizioni: la verità è che non si è stati in grado di garantire un servizio a tutti i clienti.”

Un cattivo servizio

Non sarebbe il caso di interrogarsi su un servizio che (non solo in Lombardia e Liguria) rende impossibile usufruirne senza enormi disagi, ovviamente ancor più difficili per chi ha problemi di deambulazione? Il sospetto è che indignarsi, ancora una volta, sia la vita più facile, fin troppo facile, per rendere patologico una situazione che invece è fisiologica in tutta Italia.

Per questo mentre l’associazione per la tutela dei consumatori Assoutenti annuncia un esposto in Procura per violenza privata contro i passeggeri che si sono rifiutati di cedere il loro posto (proponendo un inesistente ‘daspo’ a vita su tutti i treni italiani) sarebbe interessante chiedere ai politici che fomentano l’odio seriale come arma di propaganda se davvero sono stupiti che quelle persone che sui social negano le stragi di Bucha o augurano la morte ai migranti e agli avversari politici poi esistano anche nella vita reale, frequentino treni e bar e uffici e riversino quella stessa sprezzante maleducazione nella quotidianità. A furia di premiarli e adorarli i prepotenti sono diventati un paradigma. Davvero ci stupisce?

(da La Notizia)