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Andrea, Baobab e il fatto che non sussiste

Andrea Costa, il responsabile di “Baobab experience”, l’associazione che si occupa di assistere i migranti che transitano per la Capitale, rischiava la condanna per il reato di emigrazione clandestina. La sentenza, emessa dal gup in abbreviato, ha fatto cadere le accuse anche nei confronti di altre due attiviste della Onlus. La stessa Procura di Roma aveva sollecitato l’assoluzione per tutti gli imputati.

Andrea rischiava da 6 a 18 anni di reclusione perché con i volontari di Baobab prestarono e aiuto a otto sudanesi e un cittadino del Ciad per acquistare biglietti di pullman e treni così da arrivare in Francia. Il reato è sempre lo stesso, quello previsto dall’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione che tutti sdegnati commentano e che nessuno pensa di modificare (nonostante il “governo dei migliori”).

Andrea Costa è stato assolto “perché il fatto non sussiste” e perché insistiamo a credere che aiutare i bisognosi possa davvero configurare un reato, alla faccia dei cattolici compiti a messa tutte le domeniche e alla faccia della Patria del diritto che vorrebbe essere l’Occidente.

Quel reato che non esiste serve a ingrossare le fila dei partiti di destra e la cosiddetta sinistra non ha il coraggio di metterlo in discussione in Parlamento, limitandosi a contestarlo su Twitter.

Andrea Costa giustamente dice «sono soddisfatto perché un giudice ha sancito quello che già sapevo: che il fatto non sussiste, ora c’è qualcuno che lo ha messo nero su bianco» eppure ne abbiamo viste di indagini (da quelle di Zuccaro in giù) che servono solo a stimolare gli intestini peggiori.

Notate un particolare: quelli che si lamentano dei “soldi buttati via per le indagini inutili” in questo caso sono tutti zitti. Si potrebbe sperare che sia un mutismo per vergogna e invece stanno aspettando semplicemente la prossima indagine.

Buon mercoledì.

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