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L’aporofobia come programma

Se vi ha sempre infastidito che Matteo Salvini utilizzasse i poveri, i fragili, i disperati come carne da cannone per la sua propaganda politica sappiate che l’aporofobia (ossia la paura, l’avversione per i poveri, ndr) ha un nuovo illustre interprete che ha ripreso gli stessi concetti della Lega peggiore (fin dai tempi di Bossi), li ha travestiti da concetti eleganti e liberali e li sta versando sul dibattito politico (ma sopratutto sulle persone) con lo stesso astio, seppur simulato meglio.

Non c’è differenza tra un leghista che disegna l’Italia assillata dai terroni fannulloni o dai giovani indolenti (mica per niente vorrebbe il militare per “metterli in riga”) e Matteo Renzi che usa il Reddito di cittadinanza come clava per cavalcare gli stessi sentimenti. Che poi Renzi decida di usare il referendum per cavalcare l’onda è qualcosa al limite del sadismo. Per noi e per lui. Anche perché è lo stesso Renzi che il 2 settembre scorso al Tg4 (!) aveva presentato il quesito referendario che sventolava da un po’ e che poi ha dimenticato fino a ieri. Usare il referendum come ultimatum è già triste, che lo usi chi da un referendum è stato seppellito è parossistico. Anche perché lo stesso Renzi si diceva “soddisfatto per avere aperto una discussione”.

Ora, in mancanza di argomenti, il padrone di Italia viva ci riprova. E annuncia via social che «dal 15 giugno partirà la raccolta ufficiale di firme» per «abolire il reddito di cittadinanza».

La sua battaglia contro questa misura è il leitmotiv di chi non ha molto altro da dire, come Salvini con i “clandestini”, come Berlusconi con i giudici, come Adinolfi con i gay. Macchiette, personaggi di una Commedia dell’arte che non fa nemmeno ridere e che si trascina seguendo sempre lo stesso canovaccio.

Ma odiare i poveri in fondo è il modo migliore per dichiarare il proprio amore ai ricchi senza doverli nominare.

Buon mercoledì.

 

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