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La guerra liquida nel Mediterraneo

Sono almeno 600 i morti della guerra che non interessa a nessuno e che fatica a fare notizia. Del resto i morti di questa guerra non entrano negli zoom dei cronisti di guerra, stanno sott’acqua impigliati in qualche pezzo di barca oppure si frollano prima di essere mangiati dai pesci. Nella guerra liquida del Mediterraneo (una delle trentatré guerre in corso nel mondo in questo momento) nel mese di maggio appena concluso 8.655 nuovi arrivi contro i 5.679 del 2021. Da inizio anno 19.416 contro i 14.692 del 2021. Oltre 600 persone scomparse e decedute nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale (138 corpi ritrovati e 462 dispersi), a fronte di 7.067 persone violentemente respinte in Libia e riportate in detenzione illegale.

La situazione la riporta Meeting Pot Europa che ripercorre gli avvenimenti del mese appena passato, dei naufragi che hanno ottenuto ancora meno spazio del solito e che ancora una volta sono il risultato della criminale omissione di soccorso degli stessi Paesi così celeri quando c’è da chiudere lo scatolone delle armi. Ci sono i 76 morti del 25 maggio che non hanno nemmeno avuto un tweet dai politici, perfino quelli che si definiscono più democratici e progressisti. Ci sono i salvataggi in mare grazie alle navi di quelle Ong che nonostante il fango da cui sono state ricoperte continuano a svolgere il proprio lavoro, quello che dovrebbe fare l’Europa. Delle Ong non se ne parla più perché altrimenti bisognerebbe dare conto dei processi che erano solo accanimento politico senza nessuna base giudiziaria (e infatti sono finiti in niente) e perché effettivamente fa paura a una certa politica che questi nonostante tutto siano lì, tutti i giorni, a salvare vite: sono professionisti nel senso più alto del termine, professano i propri valori nel proprio mestiere.

A proposito di guerre: in un appello del Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane (C.I.S.D.A.) si scopre la situazione degli afghani. «Dopo tante risorse spese per spostarsi al di fuori del proprio Paese – si legge nell’appello -, i loro visti sono in scadenza, o scaduti,  e le spese di mantenimento diventano insostenibili. Per molte e molti, la permanenza in questi Paesi confinanti è un ulteriore fattore di rischio per la presenza di organizzazioni fondamentaliste legate, o meno, al governo talebano, o per la prassi sempre più diffusa dei rimpatri. Si tratta in gran parte di persone che si sono esposte pubblicamente durante il periodo dell’occupazione militare Nato a guida Usa, e che anche la clandestinità non può proteggere. La vergogna per le incresciose modalità con cui si è svolto il ritiro delle truppe occidentali, non è cancellata dal nuovo dossier ucraino perché le ragioni che sono all’origine del disastro a cui abbiamo assistito a metà agosto sono ben presenti alla nostra memoria e sono parte delle lezioni afghane che dovrebbero essere patrimonio anche della politica. Sale anche lo scandalo per l’incomprensibile blocco dei corridoi umanitari che avrebbero dovuto portare in salvo in Italia almeno un primo gruppo di 1.200 persone a rischio di vita e di persecuzione in Afghanistan, dopo il ponte aereo dell’agosto scorso».

Anche la guerra in Afghanistan alla fine è finita sott’acqua.

Buon venerdì.

 

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