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I curdi svenduti al sultano. A Rampini & C. sta bene così

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Federico Rampini non riesce a trattenersi e ospite della trasmissione In Onda su La7 lo dice chiaro e tondo: “La vita di oltre 50.000 curdi, esuli in Svezia e Finlandia sono un costo accettabile per lo sblocco delle derrate di grano”, con un cinismo raggelante che smonta in un attimo tutta l’ipocrisia del Partito Unico Bellicista, il fronte che si finge “umanitario” per spingere e sostenere le guerre che interessano a loro e che contemporaneamente riesce a considerare altre guerre (poco convenienti) come l’ineludibile effetto collaterale degli accordi geopolitici.

Le bombe di Erdogan sui curdi hanno lo stesso rumore delle bombe che riempiono i giornali tutti i giorni

Eppure le bombe di Erdogan sui curdi hanno lo stesso rumore delle bombe che riempiono i giornali tutti i giorni, eppure anche Erdogan vuole negare ai curdi il diritto di esistere sognando di eliminarli non solo fisicamente ma cancellando anche la loro cultura, la loro lingua e la loro storia. Come accade in altri angoli del mondo anche qui Erdogan ha cominciato la sua personale guerra contro i curdi anni fa e il mondo non ha mosso un dito.

Fingeranno di accorgersene quando Erdogan non sarà più dittatore utile e sarà più conveniente dipingerlo come un pericoloso tiranno che sovverte l’ordine occidentale. Non stupitevi se a farlo saranno gli stessi che oggi lo giustificano o lo tollerano (Rampini in testa): avere poca memoria e breve è il segreto del successo per l’ipocrisia del partito delle guerre giuste.

Ha ragione Alessandro Robecchi quando dice “leggo i giornali e non trovo liste di erdoganiani additati al pubblico ludibrio. Niente titolo “Ecco chi tifa Erdogan”, niente nomi, niente fotine segnaletiche, niente “Ecco chi sta con il dittatore”, niente Copasir, va tutto benissimo, no?”. Il segreto è riuscire a indossare la malafede con eleganza, intonandola alla cravatta e ai desiderata del proprio editore.

Altrimenti oggi provocherebbe il giusto scalpore che il ministro della giustizia turco Bekir Bozdag annunci trionfante di avere “inviato una lettera a Svezia e Finlandia per ricordare loro le nostre richieste relative all’estradizione dei terroristi del Pkk e della Feto”. Ci farebbe inorridire che nella lista di Erdogan compaia Bülent Kenes, per anni caporedattore di Today’s Zaman, un importante quotidiano in lingua inglese in Turchia.

Kenes risulta condannato per “avere insultato il presidente”, roba che ha ben poco a che vedere con le cosiddette democrazie liberali che l’Occidente si fregia di ospitare. Oppure oggi ci dovremmo indignare per il nome su quella lista infame di Erdogan di Aysen Furhoff che è arrivata in Svezia dopo avere scontato 5 anni di carcere in Turchia perché diciassettenne avrebbe tentato di “sovvertire l’ordine costituzionale” turco (quello stesso ordine costituzionale che Erdogan calpesta tutti i giorni) e che è stata torturata prima di ottenere protezione in Svezia. Furhoff in un’intervista alla Bbc racconta che da 20 anni non ha più nessun interesse e nessun ruolo nel dibattito politico turco ma denuncia che se verrà rimandata in Turchia “sarà tutto inutile”. “Tutti quelli che coi quali ho collaborato sono morti o in carcere” racconta Furhoff.

Quando Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, dice che “questo è veramente un momento storico per queste due nazioni, per la Nato e per la sicurezza condivisa” e che “le porte della Nato restano aperte per le democrazie europee che sono pronte e vogliono contribuire alla sicurezza condivisa. Con 32 Paesi intorno al tavolo, saremo ancora più forti e i nostri popoli saranno ancora più sicuri mentre affrontiamo la più grande crisi di sicurezza in decenni” si dimentica di aggiungere che il popolo curdo è l’agnello sacrificale di questo accordo e che Erdogan ha chiesto (e ottenuto) l’abbandono del sostegno – in ogni sua forma- al popolo curdo e la fine dell’embargo sulle armi imposto alla Turchia nel 2019 in risposta all’offensiva tua contro i curdi in Siria del Nord.

Eppure sono gli stessi curdi che sono serviti all’Occidente per raggiungere i suoi obiettivi di politica estera, quei curdi che poi regolarmente ogni volta vengono abbandonati quando gli obiettivi sono raggiunti. Sono gli stessi curdi traditi dopo la Prima guerra mondiale con la promessa di un Kurdistan per il popolo curdo che venne disattesa per volere della Turchia. Sono i curdi usati durante la Guerra fredda per destabilizzare i paesi mediorientali dagli Usa.

Sono i curdi armati all’inizio degli anni ’70 contro Saddam Hussein poi lasciati soli a subire la repressione. Sono gli stessi curdi che divennero, soprattutto in Siria, i soldati sul campo per la guerra contro l’ISIS, sostenuti con armi e bombardamenti americani. Quei curdi lasciati soli con l’ignobile ritiro delle truppe Usa (su decisione di Trump, spinto da Erdogan) dopo essere stati addirittura convinti a smantellare le proprie posizioni difensive.

Scriveva nell’ottobre 2019 Delil Souleiman, fotoreporter curdo per Afp: “Abbiamo sacrificato migliaia dei nostri figli per eliminare il terrorismo. E i nostri partner, gli Stati Uniti, ci hanno lasciati soli ad affrontare la Turchia. Trump ci ha tradito, come ci è successo per tutta la nostra storia. Siamo qui da secoli e sappiamo che le grandi potenze del Medio Oriente sono spietate nei confronti delle altre etnie, che saranno massacrate oppure arabizzate o turchizzate, come accaduto per gli antenati dei loro nemici.

Prima fotografavo battaglie che avvenivano altrove e tornavo a casa per riposarmi. Ma adesso, dopo aver assistito a battaglie e bombardamenti, torno a casa mia e ritrovo lo stesso destino, la stessa fatica, la stessa mancanza di sicurezza e certezze. La paura ci accompagna anche quando andiamo a letto”. Per sopravvivere a questa tragica ipocrisia bisogna essere come i tanti Rampini del Pub: essere cinicamente convinti di stare dalla parte giusta della storia. Continuate così.

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