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Letta chiude ai 5 Stelle per Di Maio e Calenda ma perde Bersani. Se torna Di Battista e arriva De Magistris, Conte può essere il nuovo Mélenchon

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Le manovre vere iniziano domani, dopo avere assorbito la botta per la caduta del governo che nessuno immaginava. A rendere ancora più difficile la costruzione di quello che Enrico Letta fino pochi giorni fa chiamava “campo largo” e che ora sembra un sentiero stretto e impervio, c’è l’estate di mezzo, le liste da fare in agosto e una campagna elettorale che, con tempi così compressi, richiede messaggi comprensibili e veloci.

Da Fratoianni a Calenda ma senza Conte

L’intervista con cui Dario Franceschini ha dichiarato finita qualsiasi alleanza con il Movimento 5 Stelle non è stata presa bene al Nazareno. Letta, fino a ieri sera, continuava a ripetere che la decisione spetta agli organi di partito dopo una discussione franca tra iscritti, amministratori locali e parlamentari.

La sensazione di tutti comunque è che non ci siano le basi per poter ricomporre con Giuseppe Conte, soprattutto in tempi così brevi: “Loro faranno il gioco degli abbandonati, come fanno da un po’ tempo”, dice un deputato democratico.

Ma il punto centrale è definire i limiti della coalizione, anche se il gioco della politica ovviamente vedrà Letta essere aperto a tutti senza porre veti a nessuno. Fratoianni e Bonelli hanno già preso accordi con Letta da qualche settimana e quindi i Verdi e Sinistra Italiana saranno della partita.

Ci sarà anche Carlo Calenda anche se oggi (spinto soprattutto da +Europa) prova a porre il veto a quelle che lui chiama “frattaglie di sinistra” (sempre a proposito di antipopulismo e serietà del dibattito, che Calenda professa ma non è capace di praticare): Letta e i suoi sono convinti che siano solo schermaglie elettorali che si affievoliranno con l’avvicinarsi delle elezioni.

Piuttosto preoccupa la differenza di vedute tra i programmi dei calendiani e il Pd, “su questo – dicono dal Nazareno – ci sarà da lavorare ma troveremo una sintesi”.

I nodi Di Maio (a bordo) e Renzi (a terra)

Per quanto riguarda l’apertura al centro è sicuro il posto promesso a Luigi Di Maio da un suo collega ministro del Pd. Restano da vedere le modalità ma Di Maio potrebbe essere per il Pd ciò che è stato Casini nelle scorse elezioni: una candidatura “esterna” senza prendersi il rischio di candidarsi con il suo movimento Insieme per il futuro.

Anche Di Maio, appena verrà ufficializzato, sarà un nodo da sciogliere con Calenda. Sembra sempre più difficile invece che Italia Viva possa rientrare nel progetto.

Negli uffici del Pd circolano sondaggi che indicano che l’ingresso di Matteo Renzi in coalizione farebbe perdere più voti di quanti ne porterebbe. Renzi tra l’altro sarebbe un ostacolo non da poco per un bel pezzo del Pd stesso, ovviamente per Fratoianni e Verdi e anche Calenda non lo vedrebbe di buon occhio.

Non è un caso che alcune voci lo indicano in trattativa con il centrodestra. Se si fa notare che una coalizione del genere significherebbe avere nelle liste comunque Brunetta e Gelmini qualcuno scrolla la testa: “Ciò che è accaduto con Draghi ha cambiato lo scenario”, spiegano.

I 5S (via Dibba) guardano a De Magistris

In coalizione dovrebbe esserci anche Articolo 1 anche se circola una voce (velenosa) che vedrebbe Pierluigi Bersani, Vasco Errani e altri uscire per fare “altro” insieme a Conte e il M5S. Tra i bersaniani per ora negano.

Di certo i 5S stanno guardando a sinistra dove Luigi De Magistris è indaffarato a mettere insieme una coalizione puntando su un nome eccellente della magistratura (a fine mandato nel suo ruolo) per sparigliare le carte.

Da quelle parti si aspetta anche che torni Alessandro Di Battista per capire se sarà della partita. Ci si immagina un movimento popolare alla Mélenchon che rifiuti nettamente l’agenda Draghi. Nei prossimi giorni sono previsti gli incontri che contano.

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