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La legge elettorale non è un alibi per tutto

La legge elettorale fa schifo. Lo dice Rosato, di Italia Viva, dimenticando di esserne il padre, lo dicono tutti i partiti che tranquillamente l’hanno votata e lo dicono tutti i partiti che fino a qualche giorno fa erano tranquillamente al governo ma si sono dimenticati di metterci mano. Su questo siamo tutti d’accordo. Se fossimo un po’ più onesti potremmo dirci anche che la raccolta firme in agosto riservata solo a chi non conosce qualche notabile con in tasca un simbolo è una vergogna. Ma questo, se osservate bene, non lo dice quasi nessuno perché che Unione Popolare a sinistra non riesca a raccogliere le firme tornerebbe comodo a molti: se manca un pezzo di sinistra anche la sinistra più sbiadita può rivendersi come sinistra convinta.

Ma la vergognosa legge elettorale non può diventare un “liberi tutti” che consenta di mentire, questo no. I fatti e le parole contano. L’accordo tra Letta e Calenda non è solo “un’alleanza elettorale per fermare le destre” perché in quell’accordo c’è la sottoscrizione di punti politici, perché quell’accordo è figlio di una dinamica politica che ha inevitabilmente mostrato il Pd soggiogato al narcisismo di Calenda. In quell’accordo ritorna quell’Agenda Draghi che era spuntata nei primi giorni di campagna elettorale dei democratici e che poi si era ammorbidita per abbracciare le sensibilità di tutti, Verdi e Sinistra italiana compresi. La favola del “stiamo insieme solo perché questa legge elettorale ce la impone” non è credibile: se l’obiettivo fosse stato quello di fermare le destre avremmo dentro anche il M5S (nei sondaggi di oggi sarebbe stata un’alleanza che se la giocava sul serio) e ci sarebbe dentro anche Italia Viva e Matteo Renzi. Non prendiamoci in giro, dai.

Se ci fosse almeno un po’ di onestà intellettuale la smetterebbero di fingere di dimenticare che Mariastella Gelmini ha distrutto la scuola italiana, partorendo la peggiore riforma della nostra storia repubblicana, un macigno sullo sviluppo del nostro Paese, con professori sempre meno motivati, programmi ministeriali scarsamente seguiti, un tasso d’ignoranza altissimo fra gli studenti, ricercatori senza fondi e personale universitario formato in larga parte di precari. Con la sua riforma 25mila supplenti hanno perso il loro incarico, 87.400 cattedre sono state eliminate e 44mila tecnici sono stati colpiti dai tagli al personale. Per la riforma universitaria, col decreto legge 180/2008, è stato innalzato il turnover dal 20% al 50% per tutti gli atenei che non risultino onerosi, con la conseguenza che molti insegnamenti sono rimasti scoperti. Per di più, la quota destinata alla ricerca scientifica è diminuita del 7%, portando l’Italia al di sotto della media europea. Difatti, con la legge del 30 dicembre 2010, la figura del ricercatore a tempo indeterminato è stata sostituita da quella del ricercatore a tempo determinato che può usufruire di contratti della durata di 3 anni rinnovabili al massimo per due volte.

Costruire un’alleanza elettorale in cui Calenda è la spalla di Letta nella comunicazione è una scelta politica, non c’entra la legge elettorale. Costruire un’alleanza in cui Di Maio è stato coccolato e salvato è una scelta politica. Costruire un’alleanza in cui ex colonnelli del partito di Berlusconi vengono salutati come salvatori della patria è una scelta politica. Costruire un’alleanza elettorale in cui un rigassificatore diventa un punto di programma condiviso (con la macelleria sociale che c’è in giro) è una precisa scelta politica che non c’entra nulla con la legge elettorale.

Prendetevi la responsabilità di fare politica. Non raccontateci di essere stati costretti a compiere scelte. Non funziona.

Buon giovedì.

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