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Ecco il programma delle destre. Corsa a chi la spara più grossa

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C’è la flat tax nella versione di Salvini, ma anche in quelle ben diverse di Berlusconi e Meloni. E poi un evergreen: il ponte sullo Stretto di Messina. Più i voucher e cose belle per tutti. Tranne che per i poveri con il Reddito di cittadinanza. Ecco il programma delle destre.

Sulla Flat tax tre proposte diverse da Lega, FI e FdI. Ma su una cosa a destra sono d’accordo: mano tesa agli evasori

Eppure, chissà perché, il centrodestra in Italia è riuscito a raccattare i voti di quelli a cui piace giocare con l’economia, con la finanza e con i numeri. Fino a quel governo Berlusconi cacciato dagli italiani e dall’Europa – stava affondando l’Italia e Giulio Tremonti ai tempi era ministro – Forza Italia era considerata il partito di quelli che ci sapevano fare.

Un po’ il merito di quel Silvio Berlusconi che “si era fatto da solo” (poi i giudici ci hanno detto che si era fatto anche grazie agli amici di Dell’Utri che sono uomini di Cosa Nostra) e un po’ perché il sogno degli italiani è di pagare meno tasse – o non pagarle e rimanere impuniti – e di non preoccuparsi dei conti pubblici.

In questa campagna elettorale che quasi tutti danno già per vinta Matteo Salvini e Berlusconi hanno collezionato già nei primi giorni una serie di inconcludenti figuracce che in una Paese normale – uno di quelli in cui ai politici si chiede di dimostrare la sostenibilità economica delle proprie proposte – ne avrebbe determinato il crollo della credibilità. Non andrà così.

La barzelletta più prorompente è il pasticcio sulla flat tax. Salvini è partito fin dalle prime ore di campagna proponendo una tassa piatta al 15% per tutti. Per esagerare a un certo punti ci ha buttato dentro perfino i dipendenti. Nessuno ha capito esattamente dove troverebbe i soldi, nessuno in verità glielo ha chiesto con fermezza. Così il leader della Lega ha potuto scorrazzare liberamente sparando promesse come se fosse sempre Natale.

Dalle parti di Forza Italia per non essere da meno il coordinatore del partito Antonio Tajani ha rilanciato proponendo una flat tax al 23%. Qui va notata l’incomprensibilità della proposta: se Salvini propone il 15% come si potrebbe pensare che gli elettori di centrodestra votino Tajani che promette una situazione peggiore?

La scena diventa talmente comica che a un certo punto interviene Giovanni Toti (che fa parte della stessa coalizione) che con calma spiega: “Prima regola: chiunque dica che abbasserà le tasse, anche solo di un euro, deve anche spiegare dove prenderà i soldi per farlo perché, se non si diminuisce la spesa o non si aumenta il Pil, ovvero la ricchezza, nessuno riuscirà realmente a diminuirle”.

Non so se l’avete notato anche voi ma in quelle parole Toti vi sta lasciando intendere che le promesse dei suoi alleati sono carta straccia. Interviene infine Giorgia Meloni, impegnata a fare apparire credibile quella banda sconclusionata, e si dice “convinta che la cosa migliore sia applicarla all’inizio sui redditi incrementali: vale a dire una tassa piatta su tutto quello che fatturi in più rispetto all’anno precedente, perché una misura di questo genere non ha bisogno di coperture particolari, trattandosi di eventuale maggiore gettito e ti consente di inserire il provvedimento nel nostro ordinamento per vedere come funziona”.

Sulle tasse Salvini e Berlusconi sono scatenati, in una sorta di ritorno alle campagne elettorali di quando eravamo ragazzini

Sulle tasse Salvini e Berlusconi sono scatenati, in una sorta di ritorno alle campagne elettorali di quando eravamo ragazzini. “I miei governi erano riusciti a mantenere la pressione fiscale sotto il 40 per cento, mentre ora è al 43,6 per cento”, dice Berlusconi in un’intervista a Il Messaggero. Falso: non è vero che durante i governi guidati da Berlusconi la pressione fiscale si è “sempre” mantenuta al di sotto del 40 per cento. Ed erano altri tempi, tempi molto più “buoni” di questi in cui tocca riparare i disastri provocati anche dai governi Berlusconi.

“Il segretario del Pd, Enrico Letta, ha annunciato di voler introdurre una tassa patrimoniale sulla prima casa”. Falso: Letta non ha mai detto di voler introdurre una tassa patrimoniale sulla prima casa. Sulle accise invece si scatena Salvini (è un suo cavallo – perdente – di battaglia): il 9 agosto, in un’intervista con l’emittente radiofonica romana Radio Radio, il leader della Lega ha proposto (min. 6:44) di introdurre un tetto al prezzo del gas e dei consumi, dicendo che le tasse e le accise “sono più della metà della bolletta della luce”.

Anche in questo caso i fact checker di Pagella Politica sono andati a controllare e scrivono che i “dati Arera più recenti, relativi al terzo trimestre del 2022, attribuiscono alle imposte statali solo l’11 per cento del prezzo finale della bolletta”. Falso, insomma. Poi c’è la cosiddetta “pace fiscale” che altro non è che un condono mascherato (male). Del resto che il centrodestra insegua il voto degli evasori fiscali (come ha notato ieri anche il direttore di Domani Stefano Feltri) è cosa nota: Salvini e Meloni insistono per innalzare la soglia dei contanti e propongono una “voluntary disclosure” con imposte al 50% per il contante che si intende regolarizzare.

Nella stessa scia si immette la battaglia ai pagamenti digitali (“molti esercizi commerciali hanno perso l’opportunità di attrarre clientela, soprattutto straniera, abituata a spendere in contanti. Ognuno deve essere libero di pagare nella modalità e quantità che preferisce”, si legge nel programma della Lega). Sulla soglia dei contanti del resto siamo passati ai 12.500 euro fino al 2010, poi ai 1.000 euro con Mario Monti, poi a 3.000 con Matteo Renzi e poi a prevedere di abbassarlo a 1.000 nel 2023.

Poi c’è la rottamazione delle cartelle, chiamata “pace fiscale” che altro non è che un condono per gli evasori. Ieri, ospite a La corsa al voto su La7, Tajani, ha difeso la “pace fiscale” per recuperare una parte dei debiti che i contribuenti hanno con il fisco. “Pace fiscale è: ‘Tu devi mille euro allo Stato, decidi di pagare domani mattina: ne paghi 500’”, ha spiegato Tajani, sottolineando che non si tratta di un “condono” perché « il condono vuol dire che non paghi nulla”, mentre con la pace fiscale paghi solo una parte del debito con il fisco.

Eppure qualcuno potrebbe dirgli che ogni volta che si agevolano gli evasori è tecnicamente un condono. L’altro ieri è riapparso tutto sorridente Tremonti che sarebbe il ministro dell’Economia in pectore del prossimo governo di centrodestra. Qualcuno ha sperato che arrivasse finalmente una proposta di buonsenso, almeno qualcosa che si potesse verificare con i numeri e invece l’unica promessa che si è lasciato sfuggire l’ex ministro del Governo Berlusconi è stata “raddoppiare il 5×1000. Subito, come aiuto alle persone. Che diventi subito 10×1000” . Il livello è questo.

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