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Jeffrey Baby e Traffik in manette per una rapina ma non chiamateli artisti. Aggredito un nigeriano: “A morte il nero”. Cantano l’odio, ma alimentano il razzismo

L’articolo proviene da lanotiziagiornale.it qui

Vorrebbero essere artisti e invece sono criminali (nemmeno troppo micro) e pure cretini. L’arresto dei due trapper Jordan Jeffrey Baby e Traffik (questi i nomi d’arte di Jordan Tinti e Gianmarco Fagà) è solo l’ultimo episodio della violenza che diventa marchio. Eroi di plastica di un esibizionismo amplificato dai social ma che è reale, tangibile e sta in una sottocultura che in questo Paese sembra non conoscere mai crisi.

Bei curricula

Secondo l’accusa i due hanno rapinato un cittadino nigeriano gridandogli in faccia “vogliamo ammazzarti perché sei nero”, nel sottopassaggio della stazione di Carnate, vicino a Monza. I due hanno rubato alla vittima lo zaino e la bicicletta, hanno poi gettato la refurtiva sui binari e sono aliti sul treno verso Monza, pronti per la loro successiva spacconata da dare in pasto ai follower adoranti.

Poiché la violenza e la stupidità sono spesso in coppia Tinti e Fagà hanno pensato bene di riprendere la scena con il loro telefonino rendendo semplicissimo il compito dei carabinieri di Vimercate che li hanno trovati e accusati del reato di rapina aggravata dall’uso del coltello e dalla discriminazione razziale. No, non è una ragazzata.

Jordan Tinti l’hanno scorso ha ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini per istigazione a delinquere, dopo avere augurato a Vittorio Brumotti di Striscia la Notizia un bagno d’acido. La colpa di Brumotti, secondo Tinti che vorrebbe essere un artista e invece è un banale delinquente, era il suo andare per spacciatori. Non è difficile quindi immaginare da che parte stia.

Tinti non è famoso per le sue (mediocri) canzoni: per avere uno spicchio di visibilità gli è toccato vandalizzare un’auto dei carabinieri di fronte la comando provinciale di Napoli. Un mese dopo questa sua “performance artistica” ha pensato bene di insultare i poliziotti (ovviamente in diretta Instagram) che l’avevano sorpreso in un b&b con dell’hashish in tasca.

Fagà (detto Traffik) invece si è preso una condanna a tre anni e due mesi di carcere per maltrattamenti vero la sua compagna. Dopo avere preso l’auto da Roma per raggiungerla in Piemonte è entrato nella caserma dei carabinieri e anche lui ha pensato bene di farsi una bella diretta social mentre li denigrava. Altra denuncia. Com’è diventato famoso Traffik? Alle solite: gioielli, donne raccontate come carne a disposizione, occhiolini strizzati alle droghe, il culto dei soldi e poi quel “negro” usato in quasi tutte le sue canzoni.

Tra Casapound e Fn

Ma i nostri due sono soprattutto razzisti. Fagà è lo stesso che aveva pestato un bengalese mentre aspettava l’autobus. Loro due sono i componenti di un quadro molto più largo in cui il sessismo, il razzismo e la violenza sono i motori della popolarità. Ci saranno pagine e pagine nelle prossime ore su quanto la musica trap sia colpevole e pochi, pochissimi, che si chiederanno come possa accadere che in Italia, nel 2022, sembrare forte pestando e rapinando un debole possa produrre seguaci e soldi.

Del razzismo, vedrete, non parlerà quasi nessuno. Ci si interrogherà sul fatto che questi due siano lo specchio della società o una cattiva influenza. Invece rendere trendy l’essere razzisti, e associare il razzismo alla forza ha dei mandanti culturali precisi. Traffik è stato accompagnato nei suoi live in giro per l’Italia da personaggi come Yari dall’Ara e Massimiliano Minnocci, detto il “Brasiliano”: il primo ha militato nell’estrema destra prima con CasaPound, poi con Forza Nuova, il secondo sul corpo ha tatuate diverse svastiche e il volto di Hitler e Mussolini. “Da giovane andavo a picchiare i barboni e i negri”, disse in un’intervista a Le Iene.

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