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Di Novaya Gazeta, Safronov e della difesa della libertà

Dmitrij Muratov, direttore della Novaya Gazeta, è uno che lascia squillare il telefono non avendo voglia di rispondere all’ennesima telefonata di accuse e di minacce e poi scopre che dall’altra parte del filo c’era l’Accademia di Svezia che lo informava dell’assegnazione del premio Nobel per la pace.

Quando è andato a ritirare il Nobel il direttore russo l’ha voluto dedicare ai sei giornalisti ammazzati dalla fondazione del giornale – era il 1993 – fino a oggi. Tra quei nomi c’è anche Anna Politkovskaja, una stella polare del giornalismo mondiale che questa guerra ha dato in pasto agli smemorati con eroi alterni, in base alle situazioni geopolitiche.

Novaya gazeta è un fulgido esempio del giornalismo come dovrebbe esser fatto, incurante del conveniente ma innamorato del proprio ruolo di cane da guardia dei poteri (tutti i poteri) che vedono i giornalisti come semplici ingranaggi della grancassa.

Anche per questo l’ordinanza con cui il tribunale di Mosca vieta la stampa e la vendita in territorio russo dello stesso giornale che ha raccontato la guerra in Cecenia, l’orrore di Beslan e la guerra in Ucraina è uno scempio che deve stare a cuore a tutti.

Il giornale aveva già sospeso le pubblicazioni a fine marzo, quando le regole volute dal Roskomnadzor, l’agenzia statale delle comunicazioni russa, avevano reso difficilissimo raccontare la guerra senza incorrere in sanzioni. Parte della redazione si era trasferita per sicurezza personale in Lettonia.

«Oggi abbiamo ucciso i nostri colleghi già uccisi da questo Stato per l’adempimento del loro dovere professionale – Igor Domnikov, Yuri Shchekochikhin, Anna Politkovskaya, Stanislav Markelov, Anastasia Baburova, Natalia Estemirova, Orkhan Dzhemal», scrive nel suo editoriale il direttore Muratov.

Nello stesso giorno la Russia ha condannato a 22 anni in un carcere di massima sicurezza Ivan Safronov, consigliere del capo dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, giornalista ex corrispondente di Kommersant e Vedomosti. Safronov è colui che nel 2019 raccontò della vendita di jet russi al Cairo, sollevando un imbarazzo politico che si paga caro dalle parti di Putin.

Scrive Muratov: «Novaya gazeta non ha bisogno delle vostre carte. Era, è e sarà. Anche quando non c’è né questo potere, né questi giudici, né questi impiegati. Lo spirito libero soffia dove vuole e come vuole».

Per ora Novaya gazeta continua sul suo sito internet (finché riuscirà a farlo) e sarebbe curioso sapere cosa ne pensano i giornalisti e politici nostrani, di quello che accade.

Buon martedì.

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